Era passato alla storia come lo stabile del covo delle Br che parteciparono al sequestro di Aldo Moro 31 anni fa. Oggi il condominio di via Gradoli 96, Roma nord, torna prepotentemente sulle prime pagine per una vicenda che con il terrorismo o gli anni di piombo non ha niente a che fare.
Al primo piano di una delle due palazzine condominiali sarebbe infatti avvenuto, nel luglio scorso, l’incontro tra il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, e un transessuale di origini brasiliane di 30 anni. Piero Marrazzo ha lottato per due giorni negando l’evidenza per non dover ammettere le sue “debolezze private”. Poi, spinto dagli eventi, ha dovuto cedere: si è autosospeso accettando un percorso che lo dovrebbe portare alle dimissioni per la fine dell’anno.
Le pressioni della maggioranza sul governatore, travolto dalla bufera di un video hard e ricattato da quattro carabinieri in carcere, si erano fatte più intense quando i fatti sono diventati certezze. Così dopo avere fatto quadrato attorno a Marrazzo, dopo che nell’immediatezza lui aveva parlato di “fango”, il Pd, davanti alle carte dell’inchiesta, ha preteso dimissioni ‘dilazionate’. Strategia decisa dopo una riunione con il vicepresidente della Regione Esterino Montino e Bruno Astorre presidente del Consiglio Regionale, alla quale è seguito un vertice con Marrazzo.
L’exit strategy concordata: autosospensione dalla carica, delega delle funzioni al vicepresidente Montino, dimissioni per gennaio. Sospesi anche i benefit, auto blu compresa e indennità. Per arrivare al voto a marzo, come previsto. E non far precipitare il Pd subito in una campagna elettorale che sarà all’ultimo sangue.
Il governatore del Lazio se ne va travolto da una bufera non solo mediatica, che poteva contenere se non avesse testardamente negato l’evidenza di una umana debolezza, già scritta su verbali di interrogatorio, scegliendo la strada di allontanare l’ipotesi di anticipare il voto regionale e non bloccare la macchina amministrativa.
Nello stesso tempo distinguendo la colpa umana dalle responsabilità istituzionali. La formula dell’autosospensione e il trasferimento pieno di tutte le deleghe a Montino, nuovo ‘reggente’ dell’esecutivo regionale, poggerà su presunti motivi di salute che giustificherebbero un impedimento di fatto a svolgere le funzioni di presidente. Una scelta che non ha precedenti in altre Regioni, che trova immediatamente numerosi contrari nel Pdl ma soddisfa tutto lo stato maggiore del Pd.
Il senatore Andrea Augello chiarisce: “Mi riesce difficile accettare un pasticcio istituzionale in cui Montino diventa presidente della Regione senza alcuna investitura elettorale popolare”. Gli fa eco Francesco Storace, già governatore del Lazio: “Una buffonata. L’autosospensione del presidente della Regione Lazio e la cessione dei poteri al vicepresidente non stanno in nessun articolo dello statuto regionale. Montino potrà sostituire assessori? Promulgare leggi? Effettuare nomine? La risposta è no”.
Il Pd, è compatto nel dimostrare solidarietà a Marrazzo e unito nel giudicare positiva la scelta del presidente autosospeso. Il pressing è perché si faccia da parte definitivamente. Dario Franceschini aveva fatto trapelare l’idea che la via di uscita erano le dimissioni. Anche Pierluigi Bersani apprezza l’avvio del percorso: “Marrazzo si è autosospeso ed ha avviato un percorso di dimissioni. Un atto di responsabilità”.
Da parte sua Marrazzo ha tenuto a mettere alcuni punti fermi: d’aver “detto la verità ai magistrati prima che l’intera vicenda fosse di pubblico dominio” ma ha anche ricordato di essere “vittima”. Poi la famiglia: “Ho sempre avuto come obiettivo principale quello di tutelare la mia famiglia e i miei affetti più cari”.
Infine, l’assicurazione: “Gli errori che ho compiuto non hanno in alcun modo interferito nella mia attività politica e di governo”.
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