È terminato il processo per il caso di abuso più grave in Svizzera: 13 anni di reclusione
È terminato lo scorso venerdì il processo contro il socioterapeuta 57enne accusato di aver abusato sessualmente di “solo” 33 bambini e giovani handicappati tra il 2000 e il 2010. In realtà sarebbero oltre 120 le vittime dell’uomo, ma in gran parte sono andati in prescrizione e quindi non erano oggetto del processo. Il Tribunale regionale di Berna ha condannato il 57enne a tredici anni di reclusione e a misure terapeutiche in ambito stazionario, non sarà invece condannato all’internamento.
Il difensore d’ufficio John Wyss ha dichiarato che il socioterapeuta pedofilo molto probabilmente accetterà la decisione, ma la decisione, però, sarà presa definitivamente solo questa settimana. Secondo Wyss sarebbe giusta la sentenza, “la giustificazione mi ha convinto” e condivide che non ci sarà la condanna all’internamento, l’uomo avrebbe il diritto di una chance. Ueli Affolter, direttore dell’unione Socialbern ha detto che è: “non deluso, ma sorpreso. Non mi sarei aspettato che gli sarebbe stata data una chance. Sull’internamento avrei quasi scommesso. – e continua – Ho ammirato le vittime che hanno partecipato al processo”.
La difesa aveva auspicato una condanna ad un massimo di dieci anni di carcere sospesi a favore di una misura stazionaria. La procuratrice aveva chiesto, oltre alla pena detentiva massima di 15 anni, l’internamento del 57enne.
La procuratrice pubblica Erika Marti ha detto che fosse un “caso superlativo”, facendo riferimento all’enorme numero di abusi e l’elevato numero di vittime, e che l’accusato avrebbe agito “senza scrupoli e con un’enorme energia criminale”.
Con capelli rasati a millimetro il 57enne si è presentato al Tribunale regionale di Berna cercando di rispondere a tutte le domande fatte dai giudici e perfino interrompendoli per specificare come siano andate veramente le cose. Più volte, il socioterapeuta ha nominato quanto sia contento che finalmente ci sia l’inizio del processo: “Ci dev’essere una chiusura”, ha detto l’accusato, aggiungendo che fosse cosciente del fatto che le vittime e le loro famiglie si porteranno dietro per molto tempo le sue azioni. Dei suoi interessi pedofili l’accusato è venuto a conoscenza nella pubertà, a 15 anni ha abusato del fratello che allora era solo un bambino piccolo e nonostante i genitori l’abbiano scoperto, l’azione rimase senza conseguenze, l’accusato racconta “Mio padre mi ha detto che fossi una bestiaccia perché sono omosessuale”.
Dopo questo caso il 57enne ha continuato a fare abuso di bambini a cui badava, poi facendo l’aiutante durante gite scolastiche e infine per decenni di handicappati. Ha costretto perfino grandi invalidi al sesso orale e anale, era al corrente che fosse malato ma “non potevo resistere”, ha spiegato. Durante la cura intima ha toccato le sue vittime e durante la guardia notturna si metteva a letto con loro e gli toglieva vestiti e pannolini. Le sue azioni le ha registrate su video. Alle diverse domande della procuratrice dello stato ha risposto: “non ero cosciente di quello che facevo alle vittime. Pensavo che le azioni fossero di comune accordo”, ma se le vittime si difendevano, lui era pronto a ricorrere alla violenza.
Il 57enne socioterapeuta ha abusato soprattutto di ragazzi piccoli, perché ha abusato anche di bambine e giovani donne non lo può spiegare. “Non so – ha spiegato lentamente – durante le violenze pensavo sempre a ragazzi”. L’accusato avrebbe abusato di alcune vittime per tanti anni. Inoltre l’accusato ha spiegato che solo ora avrebbe realizzato le sue azioni e che sarebbe contento di essere stato arrestato, in modo che non possano esserci più possibilità di altri incontri con ragazzi o di abusi. “Ora, dopo l’arresto, sto meglio di prima. La pressione di dovermi nascondere è soppressa”. Nonostante la continua paura di essere scoperto, il 57enne non si è costituito alla polizia neanche dopo che un suo collega di lavoro è stato arrestato per abuso. Per molti anni è riuscito a inventare scuse, quando c’erano sospetti. Contava di non essere citato in giudizio manco quando le sue azioni nella casa di cura a Zofingen sono state scoperte nel 2010, per questo motivo non avrebbe provveduto a cancellare i filmati degli abusi – “Sarebbe stato un peccato non avere più questi video”, ha detto con una voce convinta, mentre nella sala tra i presenti aumentava l’agitazione.