Clamorosa scoperta nel campo della procreazione: isolate nelle ovaie delle donna cellule staminali capaci di generare nuove cellule uovo
Fino ad oggi si è creduto che la donna nascesse con un numero di ovociti prestabilito geneticamente e che quindi il suo destino di essere madre o meno fosse già segnato. Oggi non è più così. Secondo una recente scoperta dei ricercatori del Massachussetts General Hospital di Boston, pubblicata sulla rivista Nature Medicine, la donna possiede una fonte potenzialmente infinita di fertilità rappresentata da cellule staminali ovariche, isolate per la prima volta nelle ovaie di donne adulte. Attraverso queste staminali sono state prodotte cellule uovo (ovociti). Si tratta di una scoperta rivoluzionaria nel mondo accademico che si interessa di fertilità che può aprire nuove strade e crea nuove speranze a tutte quelle donne sterili o che, in prossimità della menopausa, hanno problemi nella procreazione. È una scoperta incredibile per la quale potrebbero sparire concetti che fino ad oggi hanno avuto un ruolo essenziale nella storia della procreazione, quali appunto quelli di “menopausa” e di “sterilità”. Secondo l’ipotesi classica riguardo alla riproduzione femminile, la donna nasce con un numero finito di ovociti che poi nel corso della sua vita riproduttiva sono consumati fino ad esaurimento, cosa che determina il sopraggiungere della menopausa. L’aver isolato le staminali ovariche da ovaie di donna, e aver prodotto ovociti a partire da esse, smonta questa teoria della scadenza della fertilità femminile. Quindi, potenzialmente, isolando le staminali ovariche e conservandole in banche cellulari, ogni donna potrebbe, anche dopo la menopausa, dare alla luce un bimbo. Inoltre in queste staminali potrebbe nascondersi la soluzione a tanti casi di sterilità. Il risultato del team è arrivato dopo anni di ricerca e Jonathan Till, coordinatore del gruppo di ricerca, ha dichiarato che questa tecnica potrebbe migliorare la procreazione medicalmente assistita. Inoltre, lavorando sulle staminali invece che sugli ovuli, si potrebbero eliminare molte delle scocciature della fertilizzazione in vitro abbattendo i costi delle terapie ormonali in accoppiata all’estrazione degli ovuli. Se questi risultati verranno confermati, la strada del team americano potrebbe rivelarsi assolutamente rivoluzionaria. Ma fino a che punto è giusto forzare la natura? Fino ad oggi la menopausa ha segnato la fine del momento in cui la donna è in grado di procreare, spesso coincidente con un’età matura in cui sarebbe più difficile, anche se non impossibile, uno svolgimento naturale e sereno della maternità così come sarebbe più difficoltoso seguire poi la crescita del nascituro. Che futuro avrebbe un bambino appena nato da una madre in avanzata età? Fino a che punto è giusto rendere la donna fertile “per tutta la vita”? Sicuramente la scoperta è clamorosa e può aiutare tutte quelle donne che hanno problemi di infertilità ma allo stesso tempo, se usata in modo scorretto, potrebbe anche generare situazioni anomale e contro natura.