Il mondo può tirare un sospiro di sollievo, non ci sarà, almeno nell’immediato, come fonti del Pentagono ritenevano, l’attacco israeliano ai siti atomici dell’Iran. Non è stato cancellato, è stato solo rinviato. Il 2012 sarà un anno tranquillo. La notizia era stata fatta trapelare alcune settimane fa, anche se le voci circolavano da alcuni mesi, con tanto di piani, di accordi e di strategia. Nell’imminenza delle armi nucleari dell’Iran, Israele non avrebbe aspettarto di essere attaccato, avrebbe anticipato la mossa dell’avversario. Gli esperti e l’intelligence davano per sicure le armi atomiche tra sei mesi e un anno, forse un anno e mezzo, dunque bisognava sbrigarsi. La strategia del rinvio giocava a favore dell’Iran, ma una parte del Pentagono e soprattutto una parte della Casa Bianca pensava e sperava che la primavera araba sbocciasse anche a Teheran e dunque che ci potesse essere una svolta. Che non c’è stata e non si prevede, malgrado i dissensi tra gli ayatollah e il presidente Ahmadinedjad. Dunque, abbiamo scritto circa un mese fa, l’attacco sarebbe stato imminente. Come mai, allora, il rinvio? Esso era nell’ordine delle cose, ma per arrivarci si è dovuto attendere la schiarita di una prospettiva. Israele, si sa, era ed è deciso ad anticipare l’Iran. E‘ un grosso rischio, ma tra la certezza di una distruzione annunciata (il presidente iraniano: ”Israele deve essere cancellato dalla faccia della terra”) e un attacco, quest’ultimo era da preferire, anche senza l’esplicito avallo degli Usa, che comunque sarebbero stati costretti a scegliere e, alla fine, a dare una mano o comunque ad assicurare la protezione dell‘alleato. Alcuni mesi fa, però, Barack Obama era dato per ”presidente di un solo mandato”, cioè perdente.
Ora, invece, le sue quotazioni sono risalite fino alla quasi certezza della sua rielezione. Cosa è intervenuto nel frattempo a modificare le prospettive? Essenzialmente due fatti. Il primo è che l’occupazione negli Usa è in leggera ripresa, s’intravede un miglioramento; il secondo fatto è che i repubblicani si sono scoperti deboli. Non hanno un candidato forte. Tra Rick Santorum e Mitt Romney, quest’ultimo sembra poterla spuntare, ma avere la nomination non vuol dire essere eletto, specie se manca di reale carisma e non è in grado di galvanizzare l’elettorato repubblicano e quella frangia di democratici scontenti di Obama. Per farla breve, Obama dovrebbe essere rieletto senza difficoltà. Ora, credete che questo sarebbe possibile se da qui a un paio di mesi e comunque nel pieno della campagna elettorale Israele attaccasse l’Iran? Certamente no. L’Iran sa che Israele prima o poi l’attaccherà, dunque è pronto ad un’eventualità del genere. Per quanto colpito e tramortito, una reazione ci sarebbe, Israele non potrebbe essere lasciato solo, altrimenti la comunità ebraica americana, molto numerosa, negherebbe l’appoggio a Obama, ma nello stesso tempo, intervenendo, l’inquilino della Casa Bianca si alienerebbe il favore dei democratici pacifisti. Insomma, un attacco prima delle elezioni sarebbe catastrofico per Obama. Ecco dunque che appare verosimile un patto segreto tra Obama e Netanhyahu: niente attacco prima delle elezioni presidenziali di novembre; nel frattempo gli Usa daranno a Israele le nuove bombe ad impatto profondo per distruggere i siti sotterranei al momento opportuno. A meno che nel frattempo non ci sia uno sconvolgimento politico a Teheran che, a questo punto, è auspicabile per scongiurare l’apocalisse rimandata a dopo le elezioni americane.