Un piano da 80 miliardi con una serie di misure che dovrebbero rilanciare l’economia
Il governo ce la sta mettendo tutta per la crescita, la settimana scorsa il Cdm ha approvato un decreto con il quale spera di muovere 80 miliardi, ma “muovere” non vuol dire avere a disposizione, vuol dire semplicemente che con una serie di misure sarà possibile, forse, sbloccare un po’ di miliardi e dare una spinta al rilancio dell’economia. Come vedremo, si tratta di una serie di provvedimenti, una buona parte dei quali già lanciati l’anno scorso con il governo precedente.
Il pacchetto sviluppo prevede un’entrata di circa 10 miliardi da privatizzazioni e dismissioni, 5 miliardi di risparmio provenienti da tagli alla spesa pubblica, in più una serie di misure che riguarderanno vari settori. Cominciamo da quelle a favore del lavoro, con sgravi fiscali pari al 35% per il personale assunto fino a tre anni, poi ci sono quelle a favore di casa e famiglia, con le agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni (50% di detrazioni irpef per lavori fino a 96 mila euro), quelle a favore della crescita delle imprese (apertura al mercato dei capitali, revisione della legge del diritto fallimentare, srl semplificata. Per quanto riguarda lo Spending Review (tagli delle spese), ci sarà il taglio del 20% dei dirigenti della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Economia e il 10% degli organici non dirigenziali delle due strutture. Il pacchetto si arricchisce di misure per le infrastrutture, finanziate mediante defiscalizzazione; di misure per il rilancio dell’edilizia; di quelle che comportano tempi più rapidi per la giustizia civile (3 anni per il primo grado, 2 per l’appello e uno per la Cassazione), nonché dismissioni e accorpamenti di enti statali.
Dicevamo che il governo sta facendo una corsa contro il tempo, anche per presentarsi all’appuntamento del Consiglio europeo di fine mese con una serie di misure che possano dimostrare che l’Italia è uscita dal cono di osservazione. Il premier Mario Monti nei giorni scorsi ha detto che l’Italia ce la farà da sola, non perché l’abbia detto Angela Merkel, ma ha aggiunto che eravamo sull’orlo del cratere e ci siamo messi in salvo, solo che il cratere si è allargato ed è di nuovo emergenza. Il guaio è che la politica del rigore ha comportato una serie di provvedimenti presi nel mese di dicembre-gennaio e che erano diretti a nuove tasse per rientrare nei parametri europei. Questi provvedimenti hanno mortificato l’economia creando recessione, quindi paralisi e disoccupazione. Per rilanciare l’economia è diventato più difficile, anche perché la speculazione internazionale coglie la debolezza italiana caratterizzata fondamentalmente da un debito pubblico elevato e da una serie di normative che scoraggiano gli investitori internazionali (giustizia lenta e ideologica, burocrazia soffocante, norme antiquate che regolano il mercato del lavoro).
Mario Monti ha auspicato che la legge venga approvata dal Senato entro la fine del mese, prima cioè del vertice europeo, ma il problema è che la nuova legge è ritenuta dagli osservatori internazionali e dai partner europei poco incisiva e poco innovativa, allo stesso modo come scarsamente innovative sono state le liberalizzazioni e le semplificazioni. In sostanza, si è trattato solo di piccoli aggiustamenti, ma in realtà – e la vicenda delle barriere alla stazione Ostiense di Roma che imbriglia il treno concorrenziale delle FS ne è la dimostrazione – la concorrenza in Italia – la vera concorrenza – è un oggetto misterioso. A questo quadro non certo confortante se ne aggiunge un altro, l’incertezza della tenuta dell’euro e le ripercussioni dell’eventuale uscita dalla moneta unica della Grecia, nonché della richiesta di aiuto della Spagna, tutte situazioni di crisi pesante che avranno un’influenza pesante anche sull’Italia che, di per sé, non ha causato la crisi ma l’ha subìta a causa della debolezza proveniente, come è noto, dalla grandezza 120%) del debito pubblico accumulato negli ultimi quarant’anni con la gestione allegra della previdenza sociale (pensione baby e pensioni d’invalidità date ai sani), della scarsa produttività nella pubblica amministrazione, dagli sprechi, dalla corruzione e via dicendo.
A livello europeo le visioni sono opposte. C’è chi vuole, come la Francia e l’Italia, dare alla Bce poteri di decisione sulla moneta (eurobond) e chi non lo vuole, come la Germania, che semplicemente non vuole pagare i debiti altrui e non vuole soprattutto pagare i comportamenti allegri di chi spende, fa debiti e non guadagna. O meglio, la Germania sarebbe disposta a farlo, a condizione che i Paesi membri cedessero quote di sovranità, ad esempio in campo fiscale, previdenziale e mercato del lavoro, cosa che altri Paesi non sono disposti a concedere. La disputa è tutta qui e non è una cosa da poco, perché si tratta di due visioni diverse e di interessi nazionali fondamentali.