L’annuncio del presidente iraniano in un’intervista al Frankfurt Allgemaine Zeitung
Negli ultimi tempi il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad non è stato citato più nelle cronache di politica estera, e una ragione c’era, anzi, più di una, a giudicare dall’annuncio che ultimamente ha fatto davanti al mondo intero. Cosa ha detto di tanto importante il premier iraniano? In un’intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung ha fatto tre affermazioni che sostanzialmente vogliono dire una sola cosa: è finito il suo tempo. Nel 2013 non si candiderà più alla presidenza dell’Iran, “8 anni sono troppi”, basta, si ritira. In realtà, a dire che 8 anni sono troppi non lo dice lui, ma la Costituzione iraniana. Lui ha semplicemente preso atto che il suo tempo è scaduto, o forse, ha dovuto prenderne atto, perché in Iran esiste una Costituzione ma esiste anche una Guida Suprema, l’Ajatollah Alì Khamenei, il cui nome e il cui prestigio vanno oltre la Carta.
Il presidente iraniano è sulla breccia del palcoscenico internazionale dal 2005 e lo sarà, seppure in tono minore come accade a coloro che stanno per lasciare e che passano lentamente in seconda fila, fino all’anno prossimo. Il suo nome e la sua politica hanno avuto alterne fortune: si può prendere la data del 2009 come spartiacque tra un “prima” e un “dopo”. Il “prima” è rappresentato dagli anni d’oro della sua carriera politica, caratterizzata dalla comunanza di vedute con la Guida Suprema e con la ribalta internazionale che hanno scombussolato gli equilibri. Non arriva a prendere il microfono in mano che già l’eco delle sue dichiarazioni ha provocato polemiche furibonde nelle assisi internazionali dove parla, che sia all’Onu, a New York, o in altre sedi del mondo. I punti dei suoi discorsi sono pochi ma chiari: l’Iran si doterà del nucleare, aggiungendo l’aggettivo civile – il nucleare per scopi civili – suscitando anche ilarità, perché è chiaro esattamente il contrario. L’Iran, infatti, con tutto il petrolio che ha e che esporta, non ha alcun bisogno di centrali nucleari per la produzione di energia elettrica, basterebbero quelle a petrolio che lì costano pochissimo. Di qui l’ipocrisia verbale per mascherare le vere intenzioni dell’Iran: dotarsi di armi nucleari, le sole che mancano alla politica espansionistica del regime e le sole temute dagli avversari, che sono principalmente due: Israele e gli Usa. Gli Usa dal 1979, da quando cioè fu cacciato lo Sciah Rheza Falevi e assaltata l’ambasciata americana a Teheran, Israele da sempre come popolo, come Stato dal 1948, cioè da quando l’Onu decise la nascita dello Stato di Israele.
Da allora data il braccio di ferro tra lui, esecutore della politica di Alì Khamenei, e gl’ispettori dell’Aiea (Agenzia dell’Onu per l’energia atomica) che, informati dagli Usa, vanno alla ricerca di siti atomici segreti che ritroveranno solo anni dopo grazie agli aerei spia, siti sempre negati, declassati a siti per scopi civili, a dispetto della lavorazione di ingenti quantità di plutonio. Indirettamente, comunque, al regime iraniano una mano gliela dà l’ispettore dell’Aiea, Mohamed El Baradei, egiziano, ex candidato alle elezioni (che si sono tenute il fine settimana scorsa, ndr) per la presidenza egiziana dopo la lunga èra di Mubarack. Insomma, le trattative sul controllo dei siti atomici avvengono tra un’apertura e una chiusura, un tira e molla che dura da anni, senza arrivare mai ad una conclusione concreta. Il terzo punto del discorso di Mahmud Ahmadinejad è un giudizio shock: “Israele deve essere cancellato dalla faccia della Terra”. Si capisce perché la situazione sia preoccupante in Medio Oriente e si capisce anche perché il diretto interessato, Israele, non dorma sonni tranquilli e mediti di fermare l’Iran, anche con un intervento armato, prima di essere attaccato con le armi atomiche. Dicevamo del “prima” e del “dopo” 2009. In quell’anno, infatti, Mahmud Ahmadinejad cercò di staccarsi dall’abbraccio troppo stretto e soffocante della Guida Suprema e mal gliene incolse perché fu rieletto con difficoltà. Forse non sopportava più tanto la rigidità imposta dalla Guida Suprema, forse era diventato inviso alla Guida perché non aveva represso le manifestazioni di piazza con la forza necessaria a soffocare tutto e subito, come è avvenuto in realtà dopo mesi e mesi, fatto sta che l’annuncio, forzato o meno, è stato dato, con una coda che lo rende meno “cane” di quel che sembra con la sua faccia di aguzzino impenitente. Ha detto che una volta terminato il mandato, non solo non si ricandiderà più -.e questo è pacifico per dettami costituzionali – ma che si ritirerà completamente dalla politica per far ritorno ai suoi studi all’Università, conferendogli un aspetto di umanità che in tutti questi anni aveva fatto di tutto per occultare. Vedremo se la Guida Suprema nel 2013 avrà trovato un esecutore di ferro, come era stato Ahmadinejad dei primi anni, oppure se l’ala “liberal” (liberal tra virgolette) sarà riuscita a recuperare un po’ di terreno, sapendo che quando in un Paese comanda una Guida religiosa c’è poco per gli altri di stare allegri.