La settimana scorsa Svizzera e Stati Uniti hanno firmato a Washington un accordo extragiudiziale sul contenzioso fiscale riguardante l’UBS.
L’intesa, entrata automaticamente in vigore, impegna il ritiro, da parte degli USA, della richiesta d’esecuzione pendente davanti al tribunale competente di Miami nel procedimento civile a carico di UBS.
La banca non dovrà pagare alcuna multa, ma è obbligata a fornire alle autorità nordamericane i nomi di 4’450 clienti, implicati in sottrazioni fiscali di lunga data di grosse somme, oltre che informazioni su 10’000 conti. Inoltre, l’intesa consente anche di ricevere informazioni sugli evasori off-shore.
La soluzione trovata ha risparmiato all’UBS un lungo processo con esito incerto. Per tre volte, infatti, un giudice della Florida, Alan Gold, aveva concesso rinvii del processo per permettere una soluzione extragiudiziale. L’intesa ha anche permesso di mantenere intatto il segreto bancario e di non violare le leggi svizzere. D’altra parte consente al fisco statunitense di compiere un grande passo in avanti nella lotta all’evasione fiscale.
Dal governo svizzero, gli inquirenti nordamericani si attendono ora piena collaborazione.
Tuttavia, l’accordo ha messo sotto pressione il titolo UBS, che nei minuti successivi all’annuncio dell’accordo ha perso il 2,7%.
Ora l’UBS si dovrà impegnare nel compito – non semplice – di ricostruire la sua reputazione.
Le reazioni politiche all’intesa non si sono fatte attendere. Mentre il Partito popolare democratico attende di conoscere bene i dettagli dell’accordo prima di esprimersi, per il Partito liberale radicale l’accordo evita danni alla piazza federale elvetica.
I più duri nei confronti di UBS sono stati ancora una volta i socialisti, secondo i quali “l’accordo conferma che la banca si è resa colpevole di complicità di frode fiscale. Così facendo, la banca ha causato considerevoli danni alla reputazione della Svizzera e all’immagine della piazza finanziaria elvetica”.
L’Unione democratica di centro, si preoccupa, invece maggiormente di esaminare “se il principio della doppia punibilità, fondamentale dell’ordinamento giuridico svizzero è rispettato”. Nella stampa svizzera, l’accordo non ha destato alcun atteggiamento trionfale.
Molti commentatori temono che si sia creato un precedente che apre la strada al fisco americano per ottenere informazioni anche su clienti USA di altre banche elvetiche.
Per i quotidiani romandi “si è trattato della disfatta di un simbolo”, in altre parole di quel segreto bancario che un tempo sembrava “una fortezza inespugnabile”.
Duro, infine, il commento del giornale ticinese “la Regione Ticino”, secondo il quale la vicenda conferma una volta di più che “la Confederazione è ostaggio degli errori passati del management del colosso bancario”.
Bruno Palamara
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