Milano e Roma piangono i loro artisti: il medico-poeta, inventore della comicità surreale e il poeta della borgata, play boy romantico e scanzonato!
La Pasqua quest’anno sarà ricordata per un evento unico e assolutamente imprevedibile: la morte di due artisti, per cause naturali, a distanza di un giorno.
Si tratta di Enzo Jannacci e Franco Califano, deceduti rispettivamente il 29 e il 30 marzo, il Venerdì Santo e il sabato che precede la Pasqua. Un duro colpo per la musica d’autore italiana che nel giro di poche ore perde due tra i più illustri protagonisti. Vero è che ormai era un po’ di tempo che, purtroppo, non erano più presenti sulla scena musicale italiana come invece avrebbero dovuto, ma i loro momenti di gloria ci sono stati, li ricordiamo tutti, anche se inconsapevolmente.
Jannacci è stato un cantautore, cabarettista, attore e cardiologo italiano. Già questo ci dice tutto sulla sua particolare personalità. Durante i suoi 50 anni di carriera registra quasi 30 album, è considerato uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme a Celentano, Tenco, Little Tony e soprattutto con Gaber, con il quale formò un sodalizio durato negli anni: il duo de I due corsari, un’avvincente accoppiata di arguzia e musica di cui più tardi lo stesso Janacci dirà: « …Eravamo tremendi, stonati… Volevamo fare un duo tipo Everly Brothers ma eravamo negati, un disastro, con il risultato che facevamo sketch più che canzoni». Ma raccontare l’intero percorso artistico di Enzo Jannacci è impossibile, spesso incompreso, e mai gratificato come si meritava, Jannacci ha espresso il suo genio musicale in gran parte dei campi artistici, teatro, televisione, cinema dove oltre che fare alcune apparizioni, ne compone anche le colone sonore, come per i film di Mario Monicelli. Il suo brano più celebre è senza dubbio Vengo anch’io, no tu no che lo consacrò al successo popolare ma tante altre e tutte indimenticabili, sono le canzoni con cui il cantautore milanese è riuscito ad esprimere il suo estro. Muore a Milano, all’età di 77 dopo una dura lotta con una malattia, un tumore, che lo aveva colpito qualche anno fa. Nel 2011 riceve un tributo a lui dedicato, uno speciale, condotto da Fabio Fazio, in cui amici di lungo corso del musicista milanese, presente in studio col figlio Paolo, lo omaggiano interpretando suoi brani. Vi prendono parte Dario Fo, Ornella Vanoni, Fabio Fazio, Cochi e Renato, Paolo Rossi, Teo Teocoli, Roberto Vecchioni, Massimo Boldi, Antonio Albanese, J-Ax, Ale e Franz, Irene Grandi e altri. Enzo Jannacci compare nell’ultima parte dell’evento cantando due sue canzoni, fra cui la celeberrima “Quelli che…” rivisitata per l’occasione in chiave attualizzata. La salma di Enzo Jannacci è rimasta nella camera ardente allestita nel teatro Dal Verme, in via San Giovanni sul Muro, a Milano, per consentire l’ultimo abbraccio a Enzo Jannacci. I funerali dell’artista milanese si sono svolti martedì 2 aprile, nella basilica di Sant’Ambrogio.
A distanza di qualche ora, qualche kilometro più a sud da Milano, nella capitale un altro artista irripetibile muore. Franco Califano, conosciuto come il “Califfo”, ci lascia all’età di 74 anni. Alle spalle una carriera artistica e una vita davvero intense. A cominciare dalla sua venuta al mondo, nel 1938, a bordo di un aereo in volo su Tripoli, allora colonia italiana. Sono splendide le canzoni che questo poeta di borgata realizza per alcune grandi voci della musica italiana: quella di Mia Martini, ad esempio, in Minuetto, scritta con Dario Baldan Bembo, e La nevicata del ’56, testo vergato a quattro mani con Carla Vistarini. Quella di Ornella Vanoni, interprete di La musica è finita, musica di Umberto Bindi, testo scritta con Nisa. Nel 1973 Mino Reitano con Una ragione di più, Un grande amore e niente più, con cui Peppino di Capri vince Sanremo. E la chiamano estate. E poi, l’inno in romanesco Semo gente de borgata, affidata alla coppia d’arte e vita composta da Edoardo Vianello e Wilma Goich. Per la più grande voce italiana, quella di Mina, Califano scrive un intero album, Amanti di valore, nel 1974. Fino alle ultime grandi collaborazioni con i più giovani Non escludo il ritorno, scritta con Federico Zampaglione dei Tiromancino, a cui Califano offre il testo di In un tempo piccolo, con cui il gruppo lancia la sua prima raccolta di successi, e il duetto del 2012 con
Simone Cristicchi, per i giovani detenuti del minorile di Nisida a cui dedica Stò a cercà lavoro. Il carcere poi, è stata una dura realtà per il Califfo. Ma se c’è un titolo che sintetizza la sua vita e la sua carriera è «Tutto il resto è noia», un vero e proprio manifesto esistenziale. Lunedì mattina la salma di Franco Califano è stata trasportata dalla villetta di Acilia, a Roma, fino in Campidoglio, dove nella sala della Protomoteca dove il cantante ha ricevuto l’ultimo saluto. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha offerto la camera ardente in Comune. I funerali del cantautore si terranno martedì 2 aprile, nella Chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo.
Tra i primi, anche Fiorello ha voluto salutare l’amico di cui era celebre l’imitazione che ne faceva, ed ha espresso un pensiero per i due scomparsi sostenendo che personaggi di questo calibro non meritano banalità: «Erano unici e irripetibili: Jannacci è Jannacci, Califano è Califano e ha scritto cose meravigliose. Siamo fortunati ad aver potuto conoscere due personaggi così grandi».