“Un momento terribile, tutti noi sentimmo scricchiolare le istituzioni repubblicane sotto l’attacco diretto e spietato della mafia”: queste le parole del Presidente della Repubblica in ricordo delle due stragi del 1992
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono solo vittime della mafia, sono “autentici eroi della causa della legalità, della convivenza civile, della difesa dello Stato democratico”, ha detto Giorgio Napolitano nell’aula bunker di Palermo dove ha affermato che nel loro ricordo “più che mai tutta la nazione si unisce e l’Italia attorno a queste immagini, simboli, memorie, pensa di essere una grande nazione unita”.
La commozione è cresciuta sull’onda dei ricordi, della rievocazione delle immagini e delle opere dei due magistrati antimafia: anche il Capo dello Stato ha partecipato all’emozione collettiva e ha ricordato che quel 1992, con le due stragi a distanza di due mesi, l’Italia visse “un momento terribile, tutti noi sentimmo scricchiolare le istituzioni repubblicane sotto l’attacco diretto e spietato della mafia”. Falcone e Borsellino furono per lo Stato “servitori eccezionali per lealtà e professionalità, coraggiosi e sapienti combattenti per la legalità e la difesa della libertà e dei diritti dei cittadini e restano grandi esempi morali”.
Bisogna continuare a ricordarli e insieme si devono “raccogliere i frutti del loro impegno”. Quei frutti, ha aggiunto, “restano preziosi”.
“Proprio in questa aula – ha aggiunto – si celebrò lo storico maxiprocesso che ha cambiato la condizione della Sicilia, ha segnato una svolta decisiva nella lotta contro la mafia, insieme ai provvedimenti di legge che seguirono” e dei quali lo stesso Falcone fu “il principale ispiratore”.
“Si tratta – ha ricordato – della legge sui pentiti, delle nuove norme processuali per il carcere duro, l’istituzione della direzione investigativa antimafia e della procura nazionale antimafia”. Di quest’ultima e di Pietro Grasso che la guida, Napolitano ha fatto una difesa ed un elogio senza sfumature.
“Quelle norme antimafia restano fondamentali ma vanno aggiornate e affiancate da altre per seguire l’evoluzione continua e le mutazioni della mafia”, ha detto il Capo dello Stato, apprezzando il lavoro che stanno facendo i ministri Alfano e Maroni e il Parlamento in particolare per le misure di prevenzione personale e patrimoniale.
Lo Stato, le forze dell’ordine, la magistratura devono continuare ad impegnarsi, ma c’è anche “un altro versante fondamentale della lotta contro la mafia, quello della mobilitazione collettiva della società civile, per trasmettere e diffondere la memoria storica e alimentare la cultura della legalità, per affermare l’imperativo del “resistere e reagire alle pressioni e intimidazioni della mafia”.
L’impegno della società civile può essere “determinante” per una maggiore partecipazione democratica. Per questo, però, occorre anche puntare sulla “qualità della politica, sul prestigio delle istituzioni democratiche, sull’efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”.
È necessaria la crescita della coscienza civica e della fiducia nello Stato di diritto, “che può rafforzarsi solo in un clima di rispetto, in ogni circostanza, degli equilibri costituzionali da parte di tutti coloro che sono chiamati ad osservarli, come conta pure ogni intervento capace di incidere sul divario nord-sud e di aumentare l’occupazione qualificata”. Napolitano ha chiuso raccogliendo le espressioni di speranza di Maria Falcone. “È vero – ha detto – che vediamo di anno in anno crescere la speranza, smuoversi le coscienze, formarsi i giovani del sud e del nord al culto della libertà e della legalità”.
Per sconfiggere la mafia l’Italia si affida all’impegno delle forze dell’ordine e a queste coscienze più mature.