Nell’altalena dei rapporti tra Berlusconi e Fini all’inizio della settimana scorsa il termometro faceva segnare febbre alta, soprattutto dopo che era stato divulgato il fuorionda tra Gianfranco Fini e il procuratore capo di Pescara, Nicola Trifuoggi, “nemico del premier”.
Nella conversazione tra i due, registrata dal microfono acceso di una tv, il presidente della Camera rivela che il pentito Gaspare Spatuzza ha fatto il nome di Mancino, vice presidente del Csm, e di Berlusconi, presidente del Consiglio, e a proposito di quest’ultimo afferma che confonde il consenso con l’immunità.
Nel corso della trasmissione Ballarò Fini telefona per chiarire, ma finisce per ripetere le stesse cose, suscitando l’ira di Mancino e quella di Berlusconi. Il primo, perché da una parte è stato tirato in ballo nella famigerata trattativa tra Stato e mafia del 1992 di cui lui dice di non saper niente, dall’altra perché Fini non dovrebbe essere a conoscenza di una notizia che dovrebbe essere conosciuta solo dalla procura di Firenze. Fini evidentemente è informato di ciò che non dovrebbe sapere e questo è un atto di scorrettezza di qualcuno della procura di Firenze che glielo ha detto e che lui a sua volta riferisce ad altri.
Il secondo, perché da questa conversazione privata ricava una prova della distinzione del cofondatore del Pdl e contemporaneamente della sua “distanza”. Fini, però, nel fuorionda auspica che i magistrati verifichino a fondo le dichiarazioni del pentito, altrimenti sarebbe grave aver fatto il nome del vice presidente del Csm e del presidente del Consiglio.
Qualche giorno dopo, però, lo stesso presidente Berlusconi getta acqua sul fuoco, anche perché il pentito Spatuzza sta per essere ascoltato al processo Dell’Utri a Torino. Il 4 dicembre, in occasione di una seduta del processo, Spatuzza, infatti, come annunciato, fa il nome di Berlusconi dicendo che alla fine del 1993 i boss Graviano gli confessarono che “avevano in mano il Paese” e che Berlusconi era il politico da cui avevano ricevuto assicurazioni.
Ovviamente, la dichiarazione fa succedere un terremoto perché mette in cattiva luce il presidente del Consiglio agli occhi della comunità politica internazionale, anche se poi molti giornali esteri riducono la dichiarazione a notizia vaga e inconsistente perché senza prove.
A parte una frangia dell’opposizione che grida alle dimissioni, a parte alcuni giornalisti come Travaglio e Santoro, che dipingono il personaggio a loro uso e consumo, la realtà che viene fuori è grave. Non tanto per il presidente del Consiglio, ma perché sta emergendo sempre più chiaro il tentativo di screditarlo per farlo dimettere.
Quali sono le ragioni a supporto di questa sintesi? Innanzitutto la libertà concessa a un pentito di ripetere in pubblico ciò che ha raccontato negli interrogatori e tutto questo senza verificare la consistenza della dichiarazione. In sostanza, è un’inutile e gratuita calunnia su licenza della procura stessa. Gaspare Spatuzza è responsabile di 40 omicidi e di circa 6-7 stragi.
In galera da molti anni, nel corso degli interrogatori, malgrado i pm lo spingessero a fare nomi eccellenti, lui ha sempre negato di sapere alcunché di rapporti tra i suoi capi e i politici. Il tenore delle risposte ai pm che “premevano” per il nome di un politico era “Non posso sapere perché Graviano non me lo disse chi fosse l’interlocutore”.
Poi, più di un anno fa, decise di pentirsi per godere dei benefici e un anno dopo, a giugno di quest’anno, ha fatto il nome di Berlusconi situando il colloquio con Graviano prima alla fine del 1994, poi quando gli fu fatto presente che a quell’epoca Berlusconi si era dimesso da presidente del Consiglio, ha retrodatato il colloquio alla fine del 1993 affermando che lui non capiva nulla di politica ma aveva capito che l’anno dopo Berlusconi avrebbe vinto le elezioni, cosa che neanche i politici navigati potevano prevedere.
A parte l’inconsistenza della dichiarazione, che mostra che la mafia, come ha detto Romano, continua a fare la guerra con altri mezzi, coinvolgendo personaggi ai vertici dello Stato per destabilizzare il sistema e ottenere vantaggi dal caos, sono importanti le dichiarazioni di Luciano Violante che, domenica, in un’intervista sul Corriere della Sera, afferma: “Ci siamo chiesti qual è la ragione politica che sta muovendo questi mafiosi?
Nel caso del pentito Spatuzza è successo qualcosa che non era mai accaduto prima. Spatuzza parla con la benedizione del suo capo. Che ad oggi non è un pentito. Ma invece di disprezzarlo gli dice: io ti rispetto”. Risultato: si sente odore di messa in scena che la magistratura offre alla piazza per demonizzare il presidente del Cosniglio. Di questa storia si continuerà a parlare.
Ma la settimana scorsa sono successi anche altri avvenimenti: il No B-day, manifestazione cui hanno partecipato 90 mila persone secondo la questura, nel corso della quale sono volati improperi e insulti nei confronti del premier, e l’uscita di Dorina Bianchi dal Pd, a qualche settimana dall’uscita dal Pd di Francesco Rutelli.
Alla manifestazione contro Berlusconi il Pd non ha aderito perché Bersani ha dichiarato che un partito che aspira a governare non ricorre alle proteste, ma alle proposte; però hanno aderito il presidente del Pd, Rosy Bindi, e Dario Franceschini, capogruppo alla Camera, il che ha fatto dire alla senatrice Dorina Bianchi che il Pd è diventato “il partito satellite di Di Pietro” (che ha appoggiato la manifestazione) e che lei è uscita perché “la presenza identitaria dei moderati cattolici si è ridotta al lumicino” e lei ha deciso di “tornare a casa”, all’Udc, “per non sentirsi ospite” in un Pd dove l’amalgama non è riuscito.