Anche il 2010 sta per finire, con il suo carico di disgrazie che hanno provocato morti e danni in ogni parte del mondo. Ne ricordiamo qualcuna, come quella avvenuta in maggio nel Golfo del Messico, dove è esplosa una piattaforma petrolifera, creando un disastro ambientale di immense proporzioni, al punto che anche se non se ne parla più, ci vorranno anni prima che le coste possano essere ripulite e il petrolio possa essere riassorbito dal mare. Poteva essere evitata? Non siamo in grado di rispondere con dati tecnici alla mano, sicuramente la fuoriuscita del petrolio non è avvenuta per caso.
In questo genere di disastri l’uomo, per mancanza di controlli, per risparmiare, per superficialità, è sempre responsabile. Tralasciamo volutamente gli attentati, le stragi, le disgrazie e i disastri che numerosi e gravi hanno provocato lutti e ferite, per accennare, seppure fugacemente, ai fatti importanti di portata mondiale. Innanzitutto, la crisi economica, che non è dietro le spalle. Sicuramente il peggio è passato ma, accanto ai segni di ripresa, più o meno accentuati a seconda dei Paesi, ci sono strascichi pesanti in termini di disoccupazione e di povertà. Il 2011 sarà un anno di passaggio, nel senso che la ripresa economica sarà più accentuata, ma bisognerà attendere il 2012 per guardare al futuro con fiducia. Poi, le zone di guerra e/o di crisi, come l’Afghanistan, l’Iraq e il Medio Oriente. Se in Iraq il 2011 sarà l’anno del ritiro, con una presenza solo di circa 50 mila uomini per garantire la sicurezza, in Afghanistan la guerra continua ad essere in pieno svolgimento.
Durante l’anno che sta per finire, gli alleati hanno garantito una forza militare maggiore. Accanto, però, alle armi, sta parlando la diplomazia e la politica, per preparare un futuro diverso. Nessuna illusione. Come si sa, gli alleati dall’Afghanistan inizieranno a ritirarsi nel 2011, ma gradatamente. Fino al 2014 resteranno lì per vincere militarmente, per pacificare popolazioni ed etnie e per contribuire allo sviluppo economico del Paese. È un segnale positivo, la svolta è nata proprio all’inizio del 2010.
Le cose non vanno bene in Medio Oriente. Proprio alcuni giorni fa, c’è stata la presa d’atto da parte degli Usa che uno dei punti del contenzioso tra palestinesi e israeliani, la questione delle colonie, deve uscire dalla trattativa, il che significa che l’accordo si può fare su altri punti, ma non su questo. È una battuta d’arresto del dialogo.
All’inizio dell’ultimo anno della presidenza Bush, si disse che sarebbe stato l’anno dell’accordo di pace, accordo che non ci fu. Obama ci ha riprovato: entro un anno, ha detto, ci sarà la pace. I colloqui indiretti sono diventati diretti, poi lo stallo. Si dovrà riprendere il dialogo, sarà una trattativa difficile, non si sa come andrà a finire, ma la storia non è finita. Quando s’incontra un ostacolo, lo si deve superare. Gli ostacoli alla pace nel Medio Oriente spuntano come funghi, ma bisogna andare avanti.
Ci sono ancora due notizie importanti, una buona e l’altra cattiva. Quella cattiva è di questi giorni: sia la Cina che il Giappone si stanno riarmando, non ci sono pericoli immediati, però, certo, non fa piacere. Quella buona è che 194 Paesi, uno più uno meno, a Cancun hanno deciso di continuare a fare qualcosa per il clima, riducendo le emissioni di gas serra tra il 25 e il 40% entro il 2020 e aiutando con un Fondo verde i Paesi poveri per dotarli di tecnologie anti inquinamento. Nella vita degli Stati, esattamente come in quella di ognuno di noi, risolto un problema, se ne affronta un altro che nel frattempo è sorto, e tutto ciò dovrebbe portare ad innalzare il livello di coscienza e di civiltà. È così ed è bene che sia così.
A tutti Voi e alle vostre famiglie, cari lettori e inserzionisti, che ci avete permesso di entrare nelle vostre case e di essere un punto di riferimento della vita politica, culturale e sociale in Svizzera la direzione e la redazione del nostro settimanale rivolgono un enorme grazie e augurano Buon Natale e un Felice Anno 2011.
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