Convegno annuale internazionale a Venezia della Fondazione Umberto Veronesi sulle scienze
Quando s’insiste sulla ricerca e sui relativi investimenti! Prendiamo per esempio un normale computer comprato 20 anni fa. Ognuno si rende conti di possedere un apparecchio che funziona finché va, poi, quando non va, è meglio buttarlo, perché le scienze (al plurale) e la tecnologia hanno fatto passi da gigante. A dire il vero, non c’è bisogno di fare paragoni a distanza di vent’anni, bastano molto di meno, addirittura ogni diciotto mesi.
Se, dunque, consideriamo ciò che avverrà nel futuro, bisogna fare uno sforzo di immaginazione per arrivare a capire quello che si avrà a disposizione. E solo pensando ciò che succederà nel campo delle scienze e delle tecnologie, ci si può rendere plasticamente conto che senza investimenti e ricerca, un Paese sarà destinato a perdere il treno della civiltà del futuro. Oggi non si parla più di micro: “piccolo” è un termine che appartiene al passato; oggi si parla di “nano”, cioè una realtà che confina già, e lo farà ancora i più nel futuro prossimo, con l’infinitamente piccolo. I nano materiali, infatti, sono entrati ormai in ogni campo della vita quotidiana e nel futuro il fenomeno sarà destinato a svilupparsi enormemente. Insomma, siamo appena agli inizi e il futuro ci riserverà sorprese inimmaginabili.
Dice Umberto Veronesi, noto oncologo e presidente della Fondazione che prende il suo nome e che organizza ogni anno a Venezia il convegno internazionale “The future of Science”: “Si chiamano nanoscienze perché ce n’è una diversa per ogni singolo aspetto della vita. Oggi è cambiato tutto: dal micro si passa al nano e questa è la grande novità: ci aspettiamo un mondo del futuro molto diverso da quello di oggi e questo argomento merita una profonda riflessione per guardare al futuro di una civiltà che cambia”. Detto con altre parole, passando dal piccolo all’infinitamente piccolo molte discipline non solo hanno cominciato a parlarsi tra di loro, ma hanno forgiato tecnologie comuni per l’analisi e l’elaborazione di materiali, architetture e processi, alla base della nanotecnologia, già abbondantemente presente nella nostra vita quotidiana. Viviamo in un’epoca in cui stanno nascendo le nuove discipline del futuro, come la nanoelettronica, l’ambiente e l’energia, così come la tecnologia aerospaziale e dei nuovi materiali, fino alla salute e alla sicurezza. Qualche esempio che lo offre il presidente dell’Istituto Italiano di tecnologia (Iit), Roberto Cingolani: “Uso una bicicletta con il telaio in fibre di carbonio, ruote realizzate in lega, dei freni a disco idraulici da 500 grammi e con 3G di decelerazione e uso magliette in goretex con fori nanometrici. Anche le lenti antiriflesso sono realizzate con nanoparticelle, così come il rivestimento delle padelle antiaderenti. Lo stesso motore common rail, invenzione italiana, utilizza fori per la diffusione del gasolio dalle dimensioni nanometriche”. Per non parlare, poi, dei materiali usati in medicina, per i trapianti, nelle indagini diagnostiche o anche nella terapia.
Aumentando la “complessità delle architetture, cioè virus, batteri, insetti, animali e uomini, l’innesto della nanotecnologia consente di evolvere, inclusa la parte cognitiva. E’ sempre Roberto Cingolani che parla: “Esistono, ad esempio, dei nano-proiettili intelligenti che riconoscono la cellula malata e rilasciano il materiale per curarla”. La vicepresidente della conferenza annuale di Venezia osserva: “Sappiamo che nanotecnologia può fare la differenza nell’acqua e nella possibilità di poterla rendere pulita. Nanotecnologia significa che chi non investe in scienza sarà meno competitivo nei prossimi venti anni”. Ma va da sé che la nanotecnologia è la speranza per la salute dell’uomo e per la qualità della sua vita, perché rivoluzionerà diagnosi e cure.