Repliche all’articolo di Antonio Ravi Monica in cui si mettono in discussione le certificazioni CELI E PLIDA
Finalmente alcuni docenti hanno iniziato anche loro a parlare di questo mercato delle certificazioni inutili sulla conoscenza della lingua italiana proposte agli alunni dell’ultimo anno dei nostri Corsi di lingua e cultura italiana, a livello medio.
Purtroppo in tutti i settori ci sono le mele marce e anche tra gli insegnanti c’erano e ci sono alcuni che hanno fatto capire alle famiglie dei nostri alunni che avrebbero potuto sostenere alla fine del loro percorso di studio un esame per ottenere così un diploma da spendere al momento della ricerca di un apprendistato.
Tutto falso!
Questi colleghi dovrebbero solo vergognarsi!
Innanzitutto non è un diploma, ma solo una certificazione di conoscenza della lingua italiana e poi, come ha ben spiegato il collega Antonio Ravi Monica, prevista per cittadini stranieri e non per i figli di italiani.
Purtroppo da più di 10 anni molti alunni dei nostri Corsi si sottopongono, a loro insaputa, a questa presa in giro.
Ai genitori dei miei alunni ho sempre detto che se avessero voluto far sostenere questo esame ai loro figli, avrebbero potuto farlo, ma la realtà era un’altra.
Alla fine la maggior parte di loro ha preferito andarsi a mangiare una pizza con l’intera famiglia e non buttare al vento CHF 130-150 per il suddetto esame.
La Società Dante Alighieri (uno degli Enti certificatori) più di 10 anni fa è stata la prima a proporre, furbescamente, ai nostri alunni il sopracitato esame, addirittura a costo zero, ma con il tempo si è arrivati a CHF 130-150.
L’investimento è stato ben ripagato!
Ma perché è inutile questo esame?
Innanzitutto gli alunni dei Corsi di lingua e cultura italiana ricevono dai docenti dei suddetti corsi un attestato in cui è riportato ogni semestre il voto di italiano che viene poi trascritto sulla pagella svizzera.
Inoltre dall’anno scorso viene consegnato anche un attestato di frequenza da parte del Consolato agli alunni che terminano il loro percorso di studio.
Con queste due opportunità i nostri alunni non hanno bisogno di un’altra certificazione che attesti la conoscenza dell’italiano.
Quello che ricevono è più che sufficiente da allegare insieme alla domanda da inviare, a partire dal terzo anno della secondaria, ai vari datori di lavoro per ottenere un posto di apprendistato.
Questi Enti Certificatori hanno astutamente fiutato che nei nostri Corsi c’era una grossa fetta di candidati che facevano al loro caso e hanno cercato, tramite qualche insegnante compiacente, di prendersi questo pacchetto di alunni.
A dir la verità la confusione non è stata creata solo da qualche insegnante interessato, che si è dato da fare per vendere il prodotto di questi Enti certificatori, inutile per i nostri ragazzi, ma anche dai Dirigenti scolastici, dai membri del Comites, dai Consoli e dai parlamentari eletti nella Circoscrizione estero che in occasione della consegna delle certificazioni hanno osannato e pubblicizzato questo prodotto come indispensabile per il futuro dei nostri alunni.
Invito tutte queste persone a leggersi il Protocollo 270/P/0380145 inviato dal MAE a tutte le sedi diplomatiche nel mondo, datato 26.10.12, insieme al Rahmenlehrplan del Canton Zurigo, come ben evidenziato dal collega Antonio Ravi Monica nel suo articolo apparso su ʺla Pagina ʺ il 17 aprile scorso, onde evitare di dire cose insensate alla prossima occasione.
Vorrei a tale proposito sottolineare di essere venuto a conoscenza del suddetto Messaggio del MAE sempre dal collega Ravi Monica nell’ultimo collegio docenti dei Corsi di lingua e cultura italiana, svoltosi il 27.03.13, e lo ringrazio per aver portato alla luce particolari importantissimi finora non divulgati agli operatori scolastici della Circoscrizione consolare di Zurigo.
A questo punto c’è da chiedersi come mai il Dirigente scolastico, Prof. Marco Tovani, non abbia informato i docenti e le famiglie di tutto ciò. Una svista, una distrazione o qualcos’altro?
Chiedo pubblicamente al Console Generale d’Italia a Zurigo, Dott. Mario Fridegotto, una risposta ufficiale su questo gravissimo particolare, anche perché sempre nell’ultimo Collegio dei Docenti il Dirigente scolastico si è categoricamente rifiutato di voler aprire la discussione su tale argomento, impedendo il confronto con un linguaggio volgare.
Ritornando alla certificazione dico che se fosse stata in qualche modo utile ai nostri alunni, sarei stato il primo a invogliarli a sostenere il suddetto esame.
In nessuna parte del mondo una persona si sottopone a un esame nella propria lingua madre e soprattutto durante la scuola secondaria di I grado!
Cari genitori degli alunni dei Corsi di lingua e cultura italiana non fatevi prendere in giro!
Gerardo Petta
docente Corsi di Lingua e Cultura
Arti, mestieri e missionari
A distanza di una settimana sono di nuovo a scrivere sulle certificazioni. E questo perché l’articolo del libero cittadino Spoletini ha dissipato la nebbia della domande e dei dubbi in cui brancolavo. Ho sbagliato profondamente a chiedere alle Istituzioni e agli organi preposti di pensare con “quali “ esami e con “quali” prove dovrebbero cimentarsi i ragazzi che frequentano i corsi di lingua e cultura , ho sbagliato a chiedere di elaborare prove che tenessero conto dell’ età evolutiva dei ragazzi e del loro variegato legame con la lingua, cultura e identità italiana. Dopo l’attenta lettura dell’articolo sono uscita fuori dalla caverna di Platone e ho capito che i diplomi PLIDA, CELI e quant’altro certificano il livello di competenza linguistica raggiunto dagli esaminati. “Punto.” E allora ha ragione l’articolista, bisognerebbe proporre questo tipo di certificazione a tutti: genitori, nonni, zii, zie, nipoti, cognati, nuore, suocere, generi, madrine, padrini, e perché no? agli operai, ai metalmeccanici, ai giornalisti, agli imprenditori (piccoli e grandi), ai fotografi, ai contabili, ai giornalisti, ai comici, agli attori, ai politici, ai deputati, ai senatori, alle cuoche, alle segretarie e anche ai docenti e ai certificatori stessi. In effetti tutti questi professionisti lavorano presso “agenzie formative accessorie” che potremmo definire “parascolastiche” e che saprebbero “collaborare” benissimo con gli enti certificatori, pur “restando indipendenti”. Di questi tempi mi auspico proprio che tra tali consorterie di arti e mestieri ci siano degli autentici “missionari”.
Paola Frezza
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la replica del Prof. Emilio Speciale, presidente della Dante Alighieri Zurigo, agli articoli di Antonio Ravi Monica in cui si mettono in discussione le certificazioni CELI E PLIDA
Gentile direttore,
vorrei intervenire per precisare alcuni punti in merito agli articoli apparsi sul suo giornale riguardo alla Certificazione della Lingua italiana della Società Dante Alighieri. Mi sembra innanzitutto una giusta iniziativa quella intrapresa dai suoi collaboratori per fare chiarezza: gli interventi sono pieni di spunti di riflessione, anche perché vengono da persone che vivono in prima linea la situazione, e cioè da insegnanti dei Corsi di Lingua e Cultura. Data la mia funzione di presidente della Società Dante Alighieri di Zurigo vorrei dunque soltanto affrontare quei pochi punti che riguardano la Società, senza soffermarmi su questioni che sono di competenza di chi amministra i Corsi di Lingua e Cultura.
In particolare vorrei chiarire quanto segue:
1. In Svizzera operano autonomamente 19 Società Dante Alighieri, con sedi in diverse città, e solo alcune sedi sono anche centri certificatori. Ogni sede è pertanto una realtà indipendente e parlare in generale è errato.
2. Fra la Dante di Zurigo (che da più di 100 anni svolge un ruolo fondamentale nella diffusione della lingua e della cultura a Zurigo, e non vende certamente fumo) e il Casli era attiva, in passato, una convenzione per l’amministrazione degli esami Plida Juniores. Per quanto ne so, trattandosi di vicende anteriori alla mia presidenza, era precisamente il sostegno del Casli che permetteva di offrire gli esami Plida Junores in forma gratuita alle studentesse e gli studenti. A partire dal 2008 la convenzione non è più stata rinnovata. A maggior ragione, dunque, e i vostri articoli dicono il vero, è oggi responsabilità dei singoli studenti e studentesse decidere se svolgere o meno un esame a pagamento. Tengo però a sottolineare che non è la Sede di Zurigo a svolgere gli esami Plida Juniores a cui si fa riferimento: la nostra sede non impone a nessuno (né genitori né studenti) la certificazione, né si avvale della collaborazione dei docenti Casli per la raccolta diretta di iscrizioni. Chi vuole fare gli esami alla Dante di Zurigo deve iscriversi individualmente online: la nostra sede non ha alcun rapporto privilegiato né con gli insegnanti né con l’amministrazione dei Corsi, e ciò garantisce la trasparenza dell’offerta.
3. Gli esami di cui si parla negli articoli e quelli proposti agli studenti dei Corsi sono gli esami Plida Juniores (per ragazzi dai 13 ai 18 anni) e non gli esami Plida «maggiori». La Sede Centrale della Dante Alighieri di Roma, nel regolamento degli esami Plida che si può leggere sul sito www.ladante.it, distingue chiaramente i certificati Juniores (che servono ai giovani per misurare la loro conoscenza della lingua, soprattutto dunque per motivi personali) dai «maggiori» che hanno uno statuto diverso in quanto, per alcune convenzioni con lo Stato Italiano, sono riconosciuti ad es. per l’iscrizione alle università italiane oppure come attestato di conoscenza della lingua italiana per il mondo del lavoro.
4. Pure se con questo statuto minore, gli esami Juniores possono risultare utili per far misurare i bambini e le bambine con la loro conoscenza dell’italiano e creare un legame affettivo con la nostra lingua: alla Dante di Zurigo noi consigliamo tuttavia – soprattutto alle e agli adolescenti delle ultime classi (17-18 anni) – di misurarsi direttamente con il Plida «maggiore».
5. Infine: tutta la certificazione, juniores e maggiore, è indirizzata a persone che non sono di madrelingua, come chiaramente si legge nei regolamenti della Sede Centrale. Per poter accedere all’esame, si dovrebbe addirittura presentare una dichiarazione nella quale si certifica di non essere di madrelingua italiana e/o di non avere un titolo di studio rilasciato da scuole superiori italiane. Se i bambini e le bambine dei Corsi possano veramente dirsi “stranieri” è un argomento che lascio al dibattito avviato dagli insegnanti intervenuti sulle pagine del suo giornale.
Cordiali saluti
Emilio Speciale
Presidente della
Dante Alighieri di Zurigo
9 commenti
E’ impressionante vedere stampate cosi’ tante str***ate tutte insieme. Parole vuote dettate dalla malafede di seminatori di odio interessati a distruggere e cercare rogne. Chi non sa costruire, e’ solo capace di sfasciare. Una certificazione non e’ un’esame di terza media. Questo lo sa leggere anche un dottore con la 2 elementare. Che poi in Svizzera la certificazione linguistica, secondo gli standard europei per inglese, francese, tedesco, italiano, romancio … etc. sia tecnicamente riconosciuta a livello lavorativo e’ lapalissiano. La stessa e’ praticata nelle scuole svizzere di ogni ordine e grado. Se non sapete che dire, tacete.
Raniero Buratta
Il mio commento verte su quanto precede, in questa schermata.
Ho già avuto modo di dibattere dialetticamente con il prof. Gerardo Petta circa quanto va riaffermando, ormai per l’ennesima volta, in questo settimanale. Sono ovviamente in diametrale disaccordo. Non solo : anche se non sono direttamente colpito dalle sue frecciate, non essendo io un insegnante, ma un libero cittadino, tale e qual mi firmo, penso a quegli insegnanti che da oltre un decennio s’impegnano per « issare su » tanti allievi a certi livelli di competenza linguistica italiana, certificando il risultato con esami ad hoc, preconizzati dal « Quadro comune europeo di riferimento » del Consiglio d’Europa. Non è obbligatorio, ma farlo e riuscirci è cosa giusta ed encomiabile. Costa fatica da parte degli allievi, costa impegno da parte degli insegnanti, costa un po’ di soldi alle famiglie (sempre meglio di una pizza, e non « Franza o Spagna, purché se magna », come suggerisce Petta, professore laureato, perfino, a quanto consta !
Non si capisce tanto vituperio incattivito verso chi si muove in questo senso, come se gli insegnanti certificatori (chiamiamoli cosí per brevità) fossero dei delinquenti e gli « enti organizzatori » delle ghenghe di malaffare avide di denaro. Per quanto mi riguarda, da libero cittadino, faccio parte della Società Dante Alighieri (mia libera scelta) e mi occupo del PLIDA da un quindicennio, ormai. Cari lettori, la certificazione non è un business lucrativo e se alcuni continuano a farci passare pubblicamente per truffaldini in siffatta maniera, i siluri delle querele sono già armati sulle rampe di lancio !
Ora, per quanto riguarda la prof. Paola Frezza :
a questa signora vorrei riconoscere, sinceramente e volentieri, tante affermazioni molto assennate che ebbe a dire l’anno scorso, in luglio, in un articolo apparso su questo settimanale (« Qualificare gli insegnanti per dare qualità agli alunni »). Altre, abbastanza pregnanti, le ribadisce nel suo recentissimo « Gli esami che non finiscono mai », però, poi, finisce disgraziatamente col cadere nella betoniera rotante del Ravi Monica, per uscirne alquanto « amalgamata » alla malta bastarda di cui ho accennato nella mia prima replica. Peccato : bastava starci un po’ piú attenta !
Gli esami di certificazione non hanno nulla da spartire con i problemi (allucinanti) dei corsi di lingua e cultura, i quali dipendono dal Ministero degli Affari Esteri : un costosissimo carrozzone da riformare in tutte le sue strutture; ma qui andiamo sul politico e ci fermiamo : non è questa la sede.
Cesare Spoletini
Libero cittadino
La Chaux-de-Fonds
Il commento scritto sopra si commenta da solo!
Dopo aver letto gli articoli degli insegnanti dei Corsi, Petta, Frezza e Ravi Monica, sulle ceertificazioni in lingua italiana e quello del Presidente della Società Dante Alighhieri di Zurigo, mi è chiaro che le suddette certificazioni non sono per ragazzi di madrelingua italiana.
Di conseguenza siamo stati e sono stato preso in giro,in quanto anche figlia ha sostenuto, qualche anno fa, questo inutile esame.
Però a questo punto non riesco a capire il comportamento dei direttori scolastici, dei Consoli e del Comites che in tutti questi hanno permesso che molte famiglie venissero prese in giro dagli Enti cerificatori.
Mi complimento perciò con questi coraggiosi docenti che hanno denunciato questo imbroglio.
Egregio Signor Spoletini,
Lei dovrebbe stare solo zitto, in quanto è parte interessata essendo un responsabile della Dante Alighieri.
Hanno fatto bene questi docenti dei Corsi di lingua e cultura italiana ad aprire questa discussione.
Inoltre non riesco a comprendere come la redazione de “La Pagina” pubblichi commenti come quello del Signor Buratta!
Egregio Signor Russo
La redazione de La Pagina lascia piena libertà di esprimersi a tutti coloro i quali vogliano prendere parte alla discussione. Tutt’al più interveniamo “censurando” i termini troppo offensivi e poco appropriati al tono della discussione. La ringraziamo per il Suo intervento.
Cordiali saluti
Redazione La Pagina
@Giuseppe Russo.
Egregio Signor Russo,
le parti in causa sono: gli allievi & loro genitori, gli insegnanti pro & contro le certificazioni, i dirigenti scolastici, gli enti certificatori, la Società Dante Alighieri che opera da oltre un secolo sul territorio svizzero in favore (in favore, Signor Russo, non a danno…) della lingua e cultura italiane. Quindi, in veste di promotore d’un progetto valido nel quale ci siamo impegnati in tanti, non vedo perché dovrei starmene zitto, fronte alle contestabilissime argomentazioni dei professori Petta e Ravi Monica. Inoltre, le dichiarazioni del professor Petta sono gratuite, diffamatorie e tendenziose. Il professore se ne rende personalmente responsabile e valuteremo in opportuna sede se adire le vie legali, in caso di recidiva. Su tutta questa storia, su questo “polverone” sarà presto fatta chiarezza, mettendo tutti i puntini sulle “i” sulle altre lettere che li richiedano.
Faccio parte del COGE di Altstetten e colgo l’occasione per ringraziare il Prof. Petta per aver scritto tale articolo. Spesso purtroppo noi genitori non veniamo informati con chiarezza sui vari temi che riguardano la scuola italiana. Di conseguenza ci ritroviamo a fare quello che fa la maggioranza. Ritengo quindi un atto di grande coraggio aver dichiarato pubblicamente con franchezza il paradosso di questi certificati. Poi spetta a noi genitori valutare cosa sia meglio per i nostri figli. Intanto qualcuno ci ha dato la possibilità di essere critici… Grazie!
@ Luciano Avantaggiato
Egregio Signor Avantaggiato,
come promotore delle certificazioni Plida fin dall’inizio del progetto, oltre dieci anni fa, mi sento in dovere di tranquillizzarla. La certificazione ottenuta a suo tempo da sua figlia con un’esame in modalità « Juniores » ha piena validità, come se avesse sostenuto un esame normale, per adulti. Non ha scadenza ed è ufficiale per qualsiasi uso consentito.
Facciamo un esempio : se per raggiungere una certa quota, diciamo per raggiungere un rifugio di ristoro di media montagna, a certi adulti viene indicato un percorso «normale», ai piú giovani, le guide consigliano un percorso «juniores» piú adatto alle loro capacità, magari meno scosceso, con passaggi meno impegnativi. Sia gli uni che gli altri, una volta giunti al rifugio, però, avranno conseguito il medesimo risultato : né piú, né meno ! Ciò che conta sarà di poter affermare, certificato ufficiale e valido alla mano, di fronte a chiunque : «Io, fino a quel livello, sono capace e l’ho dimostrato».
Per i rifugi piú impegnativi, di alta montagna, i sentieri «juniores» non esistono piú.
Madrelingua : che significa ? Bilinguismo : che cos’è ? Rispondere in modo esauriente a queste due domande richiederebbe una spiegazione che non può figurare in un commento come questo, ma anche questo tema sarà trattato in maniera precisa e autorevole molto prossimamente. A tal proposito, il prof. Ravi Monica si è azzardato in affermazioni strane, mischiando il vino all’acquasanta. Comunque una cosa possiamo anche affermarla subito : i ragazzi di origini italiane, nati e cresciuti fuor d’Italia (chiamiamoli oriundi, per brevità), non è affatto certo che possano considerarsi dei «madrelingua» italiani (anzi, il contrario, in percentuali schiaccianti). Ed è appunto perciò che le certificazioni hanno riscosso cotanto successo, fin dall’inizio della loro istituzione, consigliate da avveduti insegnanti convinti della loro utilità. Aggiungo che la Certificazione non è un business lucrativo. Il nostro Centro certificatore di Neuchâtel, raramente ha fatto pari con i conti, aggiungendo l’ammanco con le casse del Comitato dei soci (sempre pronti a spendere del loro, per i ragazzi !).
Cittadinanza : purtroppo, per ragioni di semplificazione tecnica si è usato questo termine supponendo che sottintendesse anche «madrelingua». Scorciatoia infelice ! È stato un errore di forma e non di sostanza. Tant’è : allertati del fraintendimento, l’allegato incriminato è stato prontamente rimosso dal sito PLIDA e il regolamento aggiustato in maniera da non crear piú equivoci simili e indesiderati.
La cittadinanza è una caratteristica politica, amministrativa, non linguistica. Un esempio ? I miei figli, sono nati italiani & finlandesi : non hanno mai parlato finnico ! Scolarizzati in francese, ora sono anche svizzeri. Che c’entra la cittadinanza, con la lingua ?
In fine : per quanto riguarda questo commento chiarificatore, spero che lei si convinca di non essere stato « imbrogliato » da insegnanti e dirigenti malandrini, come vorrebbe far credere il prof. Petta, con le sue inaccettabili affermazioni vessatorie che vanno svolazzando per l’aria come un pericoloso e pesante bumerang.
I « coraggiosi » professori, prendano fiato e si rimettano a studiare per bene la situazione, con la dovuta serenità : errare è umano, insistere è diabolico.