Filippo Neviani: soltanto il nome e il cognome registrati all’anagrafe. Così si intitola l’undicesimo album di Nek. 22 anni di carriera e 8 milioni di dischi venduti in tutto il mondo. Con questo album Nek rende omaggio al padre Cesare, scomparso recentemente, che tanto avrebbe voluto vedere scritto il nome Neviani su un disco del figlio
Come mai il disco si chiama come te?
Ho deciso di chiamare il disco come me perchè è l’album più naturale che io abbia scritto, più personale, più sentito. E’ venuto tutto naturalmente. Non che sia stato diverso nei dischi precedenti, ma qui sono più io, senza filtri. L’ho fatto anche per mio padre che non c’è più, perchè avrebbe sempre voluto vedere ‘Neviani’, il cognome di famiglia, sulla copertina di un mio disco.
Ma da ora in poi abbandonerai il tuo nome d’arte?
Non lo so, è una cosa che magari farà la gente. Lascio che siano loro a decidere, anche se la maggior parte dei miei fan, il mio pubblico, già mi chiama ‘Filippo’.
Hai suonato tu tutti gli strumenti sul disco (basso chitarra e batteria): un’impresa ardua?
La mia esigenza è di sorprendermi e sorprendere, è il mio mestiere. Sentivo questa esigenza di non avere intermediari. Negli anni ho lavorato con grandi musicisti ma inevitabilmente, quando devo spiegargli come voglio la batteria o la chitarra, in questo processo si perde una parte della magia. Volevo evitare questo, oltre a sentirmi pronto per affrontare un’esperienza di accrescimento così forte.
Hai parlato di sonorità più ‘rock’ all’interno di questo lavoro…
Più rock rispetto al genere che faccio io di solito. E’ un genere che ho sempre ascoltato, sono un inguaribile nostalgico: dai Van Halen ai Police agli U2 passando per i Clash. Io non ho mai fatto questo genere musicale in modo esplicito, come citazione, ma volevo avvicinarmi a un colore più ‘rock’ perchè ne sentivo l’esigenza.
La canzone che hai dedicato a tua figlia – “Dentro L’Anima” – contiene all’inizio un campionamento del battito del suo cuore registrato durante l’ecografia, vero?. Anche Matthew Bellamy ha fatto la stessa cosa all’inizio di “Follow Me”.
Si è vero ma io avevo aggiunto il cuore di Beatrice prima di aver sentito il disco dei Muse. Perchè “Dentro L’Anima” io l’avevo scritta prima. E’ vero, mi sono accorto anche io di questa bellissima casualità.
In “Filippo Neviani” parli molto di te. E’ stato difficile scavare così dentro te stesso durante la lavorazione dell’album?
Sì. Là dove c’era la meraviglia davanti a una vita che nasce, c’era anche la vita di mio padre che stava morendo. E’ stato uno stare davanti all’uomo e ai suoi forti limiti e a quanto ci si sente frustrati e impotenti davanti a un male così forte come può essere un tumore. Ci si sente male a essere impotenti nel vedere il proprio genitore consumarsi. Sono stati confronti non simpatici, però fanno parte della vita, ed evidentemente prima o poi ci dovevo arrivare.
Ormai hai tanti anni di carriera alle spalle. Adesso che hai una bambina piccola, ti pesa la ‘vita da tour’ che segue la pubblicazione di un disco (tour che presumibilmente inizierai tra poco)?
Per forza di cose i concerti saranno un punto importantissimo, il punto più importante insieme alle interviste. Girerò l’Europa, farò degli showcase anche, approfittando di questa formazione di quattro persone che si chiama ‘quartet experience’: riarrangiamo i miei pezzi più popolari in chiave basso-batteria-chitarra. La ‘vita da tour’ la vivo bene, perchè la mia vita: se mi blocchi mi ammazzi, non mi vuoi bene, se mi vuoi bene mi lasci andare. La mia famiglia sta crescendo e se io non sono con la mia famiglia è la mia famiglia che viene con me, che mi raggiunge.
Bruno Indelicato