Un’invenzione del dottor Andreas Hammar, ingegnere presso il Royal Institute of Technology di Stoccolma
Da noi, circondati come siamo dall’acqua che sgorga dalla terra e che cade dal cielo in quantità, il problema non esiste, ma dove si vive in zone desertiche quello della sete è una necessità di vita o di morte. E’ per queste regioni che il dottor Andreas Hammar, ingegnere presso il Royal Institute of Technology di Stoccolma, ha realizzato un’apparecchiatura speciale capace di trasformare il sudore in acqua potabile.
“L’idea”, dice il dottor Hammar, “ci è venuta guardando il film di fantascienza Dune, girato nel 1984 dal regista americano David Lynch. Nel film si narrano le gesta di un popolo che vive su un pianeta desertico e che, per sopravvivere, usa appunto speciali tute per ottenere acqua dal sudore del proprio corpo. Il sudore è composto da acqua, la stessa che beviamo per dissetarci. E’ acqua non pura, perché contiene sali minerali, batteri e sostanze di scarto provenienti dal corpo, che la rendono non potabile se non adeguatamente trattata”.
Ecco, il problema era di trattare il sudore per ricavarne acqua potabile. Il dottor Hammar spiega come: “Abbiamo realizzato magliette e indumenti speciali, composti da un tessuto di nostra invenzione simile al goretex, quello con cui si fabbricano indumenti sportivi. E’ una fibra sintetica in grado di trattenere gran parte dei batteri e dei sali minerali presenti nel sudore. Non rilascia a sua volta frammenti o particelle di fibra nel liquido, come invece avverrebbe se usassimo lino o cotone. La maglietta va poi trattata in una speciale apparecchiatura, grande circa come una macchinetta del caffè”.
La maglietta, messa nell’apparecchiatura, viene fatta centrifugare, cioè ruota ad altissima velocità all’interno di una gabbia che ha maglie fittissime. La parte liquida in questo modo è attratta verso le pareti esterne dell’apparecchiatura e, attraverso una tubazione interna, viene raccolta in una vaschetta. La maglietta torna ad essere asciutta e il liquido ottenuto è pronto per la seconda fase delle depurazione. In pratica vengono usati speciali filtri a maglie talmente strette che trattengono tutte le impurità e fanno passare solo l’acqua, che è diventata acqua pura, potabile. Tutto il processo di raccolta e di purificazione dell’acqua dura circa un quarto d’ora.
Qualcuno potrebbe osservare che un quarto d’ora di attesa è eccessivo se si ha sete, ma in realtà non è così. Prima di tutto, perché la sete non viene così all’improvviso e non deve essere per forza soddisfatta velocemente pena la morte; poi, perché nelle regioni calde di solito si deve aspettare molto di più; terzo, perché in futuro si potranno ridurre i tempi di tutto il processo.
L’acqua così ottenuta ha un sapore come tutte le altre acque potabili, come quella del rubinetto di casa, assicura lo scienziato, che aggiunge che i primi ad assaporare l’acqua potabile sono quelli che l’hanno prodotta grazie al loro sudore. Si tratta di circa un migliaio di persone invitate a partecipare ad un torneo giovanile di calcio a livello di dilettanti che si è svolto a Göteborg, in Svezia. Gli indumenti di ognuno sono stati messi nell’apparecchiatura che poi ha prodotto l’acqua con cui si sono dissetati con grande soddisfazione.
Noi apriamo il rubinetto o compriamo acqua al supermercato e ci dissetiamo, ma, come detto, non per tutti è così. L’invenzione potrà essere sfruttata, conclude il dottor Hammar, “ da coloro che devono lavorare o vivere per lunghi periodi in ambienti dove c’è penuria di acqua, per esempio popolazioni alle prese con periodi di siccità o che vivono in luoghi in cui non è facile depurare sorgenti o pozzi d’acqua fortemente inquinati. Al termine di queste sperimentazioni contiamo quindi di disporre di un sistema di depurazione utilizzabile da tutti per diminuire lo spreco mondiale di acqua potabile: una risorsa sempre più rara, sempre più costosa e assolutamente indispensabile per la sopravvivenza”.