Furono tra i soldati in azione la sera del 31 agosto 1997 a Parigi: uno seguiva la Mercedes su un’auto bianca, un altro la precedeva in moto e un terzo era appostato fuori dal tunnel sul tetto di un palazzo, pronto ad ucciderla se i due avessero fallito
Ormai è ufficiale. Lady Diana è morta in un incidente stradale il 31 agosto 1997, ma in realtà è stata uccisa, perché l’incidente fu provocato, ed ora si sa anche da chi. Del resto, che la principessa sia stata uccisa, lo dice anche la regina Elisabetta. Ad ammazzarla sono stati tre soldati della Sas (le forze speciali inglesi), da alcuni ritenuti al soldo della regina, dalla regina al soldo di una potente organizzazione che voleva porre fine alla campagna contro le mine antiuomo condotta da Lady Diana.
Uno dei tre soldati, un ex mercenario croato, nascosto in una località segreta, ha rivelato i retroscena del complotto. Ecco il suo racconto: “Il mio compito era che la principessa non uscisse viva da quel tunnel. Per prepararci a questa missione abbiamo sopportato un durissimo allenamento di sei mesi, lontano dalla Gran Bretagna. In sei mesi avevamo studiato ogni minimo dettaglio su come rendere fatale quell’incidente. Avevamo previsto che i freni non avrebbero funzionato e che l’autista avrebbe bevuto un bicchiere di troppo. Noi non sapevamo chi sarebbe stata la vittima: ci avevano solo detto che si sarebbe trattato di un progetto più grande di noi e che quello sarebbe divenuto il più grande segreto di tutti i tempi. Che il nostro obiettivo fosse proprio la principessa Diana lo scoprimmo solo qualche ora prima che accadesse tutto. Ci consegnarono una foto della nostra vittima e immediatamente riconoscemmo la principessa. Noi conoscevamo nel dettaglio tutti gli spostamenti di Diana in quella serata, perché ogni movimento era calcolato al secondo. Sapevamo con precisione quando si sarebbe trovata all’interno del tunnel dell’Alma. Il piano era semplice: due di noi dovevano seguire la Mercedes di Diana e Dodi nel tunnel. Uno era a bordo di un’auto bianca, mentre l’altro viaggiava in moto, pronto ad accecare l’autista Henri Paul. Nel caso avessero fallito, sarebbe stato pronto un piano B: io ero appostato sul tetto di un palazzo appena fuori dal tunnel dell’Alma, pronto a sparare alla donna. La missione doveva essere portata a termine. A ogni costo”.
Che Lady Diana fosse nel mirino di qualcuno, che la sua vita era in pericolo, lei era la prima a saperlo. Dal 1992, dal giorno della separazione dal principe Carlo, Diana teneva un diario segreto, scriveva dei messaggi, affidava le sue sensazioni ad un registratore. Affidò i nastri ad una sua amica, che poi, dopo la morte della principessa, li consegnò a Scotland Yard. In questi messaggi Diana si dice convinta che non avrebbe visto i suoi figli diventare adulti. In particolare l’ultimo è eloquente: “Per quando sarete grandi io non sarò più qui, non vedrò mai i miei nipoti ma sarò sempre con voi e continuerò a registrare messaggi fino a che sarò viva. Sappiate che vogliono uccidermi, fingendo forse un incidente”. E’ proprio quello che è avvenuto.
I sospetti sono ricaduti sulla regina e su Carlo. Diana era incinta, suo figlio sarebbe stato un musulmano, fratellastro del re d’Inghilterra, William, una cosa inconcepibile per la Corona.
Anche la regina Elisabetta è convinta che Diana sia stata uccisa. L’avrebbe confessato a William mesi addietro: “Non l’ho uccisa io ma so chi è stato”. Le indagini l’avrebbero condotta “fino a una piccola isola sulle coste della Croazia dove ancora oggi si nasconderebbero i tre killer di Lady Diana. Uomini, questi, assoldati da potenti organizzazioni che volevano porre fin alla campagna di Diana contro le mine antiuomo”. Insomma, qualcuno dice una verità non vera.
La riapertura del caso sta coinvolgendo non solo la polizia ma anche William, che vuole sapere la verità sulla morte della madre. Per ora, non si conoscono i mandanti, solo gli esecutori, ma le indagini sono iniziate di nuovo e a qualcosa di diverso rispetto al 2008 dovranno pur portare. Che in passato, precisamente nel 1995, ci sia stato un altro incidente nel quale era coinvolta la principessa, è un fatto. E’ possibile che si sia trattato di una prima prova, ma è certo che da allora i dubbi di Diana stessa sul pericolo che correva nacquero a ragion veduta.