La banda è stata sgominata in seguito alle intercettazioni telefoniche effettuate sul proprietari dell’albergo Portorais di Cinisi, incendiato per dolo
Vi ricordate del libro intitolato “Mai senza mia figlia”, scritto da Betty Mahmoody (insieme a William Hoffer)? Il libro, apparso in italiano nel 1998, parla di una madre americana, di un padre iraniano e della loro figlioletta. I tre vivevano felicemente negli Usa, ma un giorno lui decide di andare per qualche giorno in vacanza con la famiglia nel proprio Paese. E’ l’inizio di un incubo. La vacanza si trasforma in una prigione perché la donna è obbligata a vivere separata dalla figlia, sempre in casa, mai fuori, mai sola, tra umiliazioni di vario genere, finché, dopo 18 mesi d’inferno, non decide di fuggire insieme alla figlia, riuscendo a passare la frontiera con la Turchia e raggiungere la libertà.
Betty Mahmmoody è stata solo la donna più famosa delle tantissime che hanno sposato un musulmano che finché viveva in Occidente si comportava bene, poi, una volta tornato nel suo Paese, cambiava totalmente, diventando irriconoscibile perché si sottometteva agli usi e costumi del posto, dove il ruolo della donna, specie per un’occidentale, era appunto un incubo.
Con qualche variazione, la vicenda ha riguardato e certamente riguarda tuttora moltissime donne e, nel caso che stiamo raccontando, molte donne svedesi e norvegesi che una volta fallito il loro matrimonio, pur vedendosi riconosciuti i loro diritti da un tribunale norvegese o svedese, specie per quello che riguarda l’affidamento dei figli minori, non li hanno potuti riabbracciare perché nel frattempo l’ex è ritornato in patria con i figli. In pratica, queste donne vengono private dei loro figli per tutta una serie infinita di ostacoli di tipo burocratico, giuridico, culturale che si frappongono tra loro e i tribunali, le leggi, gli usi e costumi del Paese d’origine dei loro ex. Trafile giuridiche e burocratiche che comportano anni di scartoffie e attese, senza nessuna certezza. Per la verità, non si tratta sempre di donne, anche di uomini, le cui ex mogli sono fuggite con i figli.
Ecco, tutta questa premessa per dire che i membri di una società di sicurezza norvegese, Abp World Group, con varie sedi in varie parti del mondo ma con sede principale in Sicilia, nei pressi di Palermo, sono stati arrestati con accuse gravi: associazione a delinquere, tratta di persone, sequestro di persona e sottrazione e trattenimento di minore all’estero. Della società facevano parte l’ucraina Larysa Moskalenko, ex campionessa olimpica di vela, compagna del titolare dell’albergo Portorais di Cinisi , che metteva a disposizione le imbarcazioni; Luigi Cannistraro, 30 anni di Palermo; Antonio Barazza, 46 anni, skipper di Mazara del Vallo; Sebastiano Calabrese, 38 anni, di Reggio Calabria. Tutti arrestati. Ricercati sono due norvegesi, l’ex militare Martin Waage, 40 anni, presidente dell’Abp e Elisabeth Wenche Andresen, 47, e uno svedese, Ake Helgesson, 54 anni, attualmente detenuto in Tunisia.
Dai capi d’accusa si deduce chiaramente che i clienti (donne e anche uomini) di questa società – che operava in Tunisia, Cipro, Egitto, Libano e Ucraina – erano le madri o i padri che si vedevano privati dei loro figli portati nei Paesi dell’ex coniuge. Non essendoci altri modi legali per riportare a casa i loro figli, si rivolgevano a questa società, che pensava a tutto, cioè a riportare a casa i loro bambini. Come? Con ogni mezzo. In pratica li sequestravano, li nascondevano, li portavano oltre frontiera e poi li consegnavano ai loro clienti che, evidentemente, non sono colpevoli di nulla, pagavano circa 200 mila euro i servigi della Abp World Group per riavere i loro figli. L’attività della società, però, come si può immaginare, non era legale. Ogni blitz era preparato con cura, servendosi di escort per non dare adito a sospetti, con ricognizione dei luoghi, sequestro del bambino, uso di armi, spray urticanti, sonniferi, eccetera, e poi il viaggio di ritorno, magari con la corruzione delle guardie di frontiera per ammorbidire i controlli.
La banda è stata sgominata per caso. Nel 2012 l’albergo Portorais di Cinisi è andato in fiamme, si trattò di un incendio doloso. Mettendo sotto controllo i telefoni dei proprietari, gl’investigatori sono venuti a conoscenza delle reali attività che si nascondevano sotto la sigla “Abp World Group”.