La trattativa con la mafia nei primi anni 90 c’è stata: Cosa nostra aveva capito di poter ricattare lo Stato. A sostenerlo è il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso. E le sue parole rilanciano la polemica esplosa in seguito alla consegna alla Procura di Palermo delle copie del “papello” elaborato da Riina per avviare la trattativa tra Stato e mafia.
Siamo “nell’anticamera della verità”, vicini quindi a capire cosa avvenne prima e durante l’epoca stragista voluta da Cosa nostra, se ci furono – e soprattutto tra chi – contatti tra i boss e lo Stato. “Come nella stagione 1996/1998. E come allora il clima politico cambia, diventa difficile”. Così difficile al punto da far dire al procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia: “Non tutta l’Italia vuol sapere la verità”. Forum nazionale contro la mafia, Firenze: oggetto, la trattativa tra Stato e mafia, il ‘papello’, ovvero le richieste fatte da Cosa nostra alle istituzioni.
Gabriele Chelazzi, magistrato fiorentino della Direzione nazionale antimafia che indagava proprio sulla trattativa e che scrisse “vi sono elementi positivi e univoci nella dimostrazione che vi furono contatti secondo uno schema contrattuale tra Cosa nostra e soggetti politici”, ascoltò come persone informate dei fatti Martelli, ma anche l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, l’ex direttore del Dap Nicolò Amato, l’ex direttore del Sisde, generale Mario Mori. Quei verbali verranno “attentamente esaminati – ha detto Ingroia -.
Oggi però c’è qualcosa di unico. Per una serie di coincidenze un ‘fascio di luce’ ha fatto sì che tra i protagonisti istituzionali di quella stagione ciascuno ha messo a fuoco ricordi evidentemente messi da parte”. Si torna a parlare di ‘papello’, il ‘pizzino’ sul quale vennero scritte le ‘richieste’ che Cosa nostra avanzava al potere politico, a partire dalla cancellazione del decreto legge sul 41 bis. Un decreto che venne firmato proprio dall’allora guardasigilli Claudio Martelli.
Il ‘papello’ consegnato ai magistrati di Palermo metterà un punto fermo: “e sarà l’inizio, e non la fine, delle indagini”, sostiene Ingroia.
Ma sono molti gli interrogativi aperti dall’indagine della Procura di Palermo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia e i riscontri sull’attendibilità del famoso “papello”.
Secondo l’ex presidente della Camera, Luciano Violante, “il documento pubblicato è una bufala: dico quello pubblicato, perché altri magari no; si tratta di una falso perché nel documento si fa riferimento a cose come il 41 bis o la dissociazione, che è un tema che verrà fuori molto tempo dopo” e occorre, quindi, “capire perché è uscito quel documento che è fasullo e che cosa voleva dire. Ho l’impressione – avverte – che il documento che la magistratura ha in mano sia diverso da quello pubblicato. Sta ai magistrati capire cosa è successo: sta a noi spingere senza interpretazioni di parte, perché la verità venga fuori”.
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