Il professor Peter Raimondi, docente di Ecologia e Biologia dell’evoluzione all’Università di Santa Cruz, è uno degli esperti incaricati dal governo degli Stati Uniti di studiare il problema
Stanno accadendo cose strane negli Usa e in Europa. In Francia e in Italia un insetto, il punteruolo rosso, sta uccidendo le palme; un altro insetto, il cinipide del castagno, sta aggredendo i castagni di tutta Europa. Da noi, in Puglia, c’è un batterio che colpisce gli ulivi, ma la notizia più sconvolgente arriva dagli Stati Uniti, dove le stelle marine sono state colpite da una malattia di cui non si è ancora scoperto né il nome, né la causa. Uno potrebbe dire: in fondo, che ce ne importa? Non è così, perché le stelle marine hanno un ruolo fondamentale nell’ecosistema dei fondi del mare. La cosa, poi, non è di poco conto visto che il governo degli Usa ha incaricato un gruppo di studiosi di capire cosa sta realmente accadendo. Lo studioso è il professor Peter Raimondi, docente di Ecologia e Biologia dell’evoluzione all’Università di Santa Cruz, in California.
Ecco la sua illustrazione del problema: “La strage di stelle marine che si sta verificando sui litorali degli Stati Uniti non ha precedenti, e abbiamo un timore: se la malattia che le sta decimando dovesse estendersi anche agli altri mari del mondo, l’intero equilibrio della vita oceanica potrebbe risultare sconvolto. La malattia si manifesta con gravi ferite, che si estendono rapidamente lungo l’intero corpo dell’animale, portandolo così alla morte. Anche se siamo convinti che tale morìa sia dovuta a un batterio, non sappiamo ancora qual è. Abbiamo effettuato numerosi studi su stelle marine sia vive che morte e siamo in grado di riconoscere tutti i batteri presenti nel loro organismo; nel mare, però, ci sono tanti batteri innocui e ce ne sono altri che giungono sul corpo della stella marina solo in un secondo tempo, quando è già malata. Così, per il momento, non ci è stato possibile identificare il “batterio assassino”.
Ed ora entriamo nei dettagli. La malattia è circoscritta o è già estesa? La risposta è semplice: è già estesa. Lo prova che la morìa non si verifica solo sulle coste dell’Atlantico, ma anche su quelle del Pacifico. Il che significa che potranno verificarsi gravi squilibri nell’ambiente naturale dei mari. Le stelle marine, infatti, si nutrono di molluschi, esattamente come le cozze che se proliferano eccessivamente impediscono alle alghe di tappezzare il fondo del mare. Ora, le alghe restano in vita proprio grazie alle stelle marine ed offrono riparo ai pesci che si nascondono dai loro predatori. Non solo. Siccome le stelle marine favoriscono le alghe sul fondo, il fondo stesso viene reso compatto dalle alghe e dunque viene protetto in caso di inondazioni. Se insomma sparissero le stelle marine, sparirebbero anche le alghe e dunque i fondali verrebbero ad essere erosi dai movimenti dell’acqua.
A questo punto la domanda: è possibile fare qualcosa? La risposta è anche qui drammaticamente semplice. Dice il professor Raimondi: “Temo di no, perché loro vivono in un ambiente troppo vasto per consentire a noi scienziati d’intervenire con successo. Anche se scoprissimo in breve tempo qual è il batterio responsabile della malattia che le colpisce e quali possono essere le medicine in grado di farle guarire, non avremmo modo di eseguire dei test per valutarne l’efficacia. E, in ogni caso, non potremmo certo raccogliere dai fondali tutte le stelle marine malate, curarle e poi rimetterle in mare”.
Ora, se non è possibile curarle, bisogna lasciarle al loro destino? E’ così, non c’è altra soluzione, anche se ci sono molte speranze che il problema si risolva da sé, nel senso tra gli animali ci sono sempre coloro che hanno sviluppato un alto grado di immunità naturale. In fondo, sono questi che salveranno tutta la loro specie. Gli esemplari immuni di stelle marine daranno vita a nuove generazioni di stelle marine più protette dalle malattie e saranno proprio questi esemplari a ripopolare i fondali dei mari che continueranno a godere dei benefici prodotti dalla presenza delle stelle marine sia sui pesci che sui fondali.