Famiglie italiane tartassate dal fisco. Su ognuna grava un carico medio annuo di quasi 15.330 euro. Tra l’Irpef e le relative addizionali locali, le ritenute, le accise, il bollo auto, il canone Rai, la tassa sui rifiuti, i contributi a carico del lavoratore, ogni nucleo famigliare versa all’Erario, alle Regioni e agli Enti locali mediamente 1.277 euro al mese: un importo che, praticamente, corrisponde allo stipendio medio percepito mensilmente da un impiegato. I conti li ha fatti l’Ufficio studi della Cgia che ha stimato il gettito di imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali che le famiglie versano ogni anno allo Stato italiano. Nel 2013, grazie all’abolizione dell’Imu sulla prima casa, il prelievo medio annuo è sceso a 15.329 euro: ben 325 euro in meno rispetto a quanto versato nel 2012. Per l’anno in corso, purtroppo, il gettito è destinato ad aumentare ancora a causa dell’introduzione della Tasi e degli effetti legati all’aumento dell’aliquota Iva avvenuto nell’ottobre scorso.
“Pur essendo un Paese di tartassati – dichiara il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi – i servizi che riceviamo dallo Stato spesso non sono all’altezza delle aspettative. Dalle infrastrutture alla sanità, dai trasporti all’istruzione, in molte regioni la qualità e la quantità di questi servizi è spesso inaccettabile”. Nonostante la restituzione degli 80 euro ai redditi più bassi, prosegue Bortolussi, “con un carico fiscale di questa portata sarà difficile rilanciare i consumi delle famiglie. Il livello di arrabbiatura raggiunto nei confronti di un fisco sempre più aggressivo e pretenzioso, ha fatto scendere ai minimi storici la fiducia dei consumatori italiani. Con gli effetti della crisi che non accennano a diminuire e un fisco sempre più esoso, i bilanci familiari rischiano di rimanere ancora in rosso, penalizzando anche quelli degli artigiani e dei piccoli commercianti che vivono quasi esclusivamente dei consumi del territorio in cui operano”.
La montagna di tasse e contributi che grava sulle spalle degli italiani emerge in maniera altrettanto evidente quando si analizza la serie storica del cosiddetto “Tax freeedom day”. Sempre secondo i calcoli effettuati dall’Ufficio studi della CGIA, con una pressione fiscale che per il 2014 è destinata a toccare il record storico del 44%, quest’anno i contribuenti italiani hanno lavorato per il fisco fino alla prima decade di giugno: precisamente l’11 giugno. Ben 12 giorni in più di quanto avevano fatto nel 1995, quando, però, la pressione fiscale era inferiore di oltre 3 punti percentuali. “Gli effetti legati alla rivalutazione delle rendite finanziarie, all’aumento dell’Iva, che nel 2014 si distribuisce su tutto l’arco dell’anno, all’introduzione della Tasi e, soprattutto, all’inasprimento fiscale che graverà sulle banche, compensano abbondantemente il taglio dell’Irap e gli 80 euro lasciati in busta paga ai lavoratori dipendenti con redditi medio bassi. Al netto delle modifiche che potrebbero essere introdotte nella nota di aggiornamento al Def che sarà presentata nelle prossime settimane, la pressione fiscale di quest’anno è destinata a salire di 0,2 punti percentuali rispetto al livello raggiunto nel 2013”.