I giovani rossocrociati possono iniziare a festeggiare
I giovani rossocrociati ce l’hanno fatta! Nella finale dei Mondiali under 17 in Nigeria, i pupilli di Dany Ryser hanno sconfitto la squadra di casa per uno a zero. È la prima volta che una selezione elvetica conquista la coppa del mondo.
Alla vigilia dell’atto conclusivo, l’allenatore Dany Ryser era stato chiaro: “Non ci accontentiamo di questo posto di finalisti”, aveva dichiarato.
Che il compito sarebbe stato arduo nessuno lo dubitava. Probabilmente domenica sera ad Abuja anche giocatori più esperti, già abituati a stadi dove sono assiepati migliaia di spettatori, sarebbero entrati in campo con le gambe tremolanti. La Nigeria, campione in carica e per ben sette volte finalista ai mondiali under 17, poteva infatti contare sull’assordante sostegno di 60’000 tifosi.
Eppure, i ‘ragazzini’ rossocrociati non si sono lasciati intimorire ed hanno offerto una prova perfetta, in particolare dal punto di vista tattico. Gli elvetici sono riusciti a non farsi travolgere dall’avvio scoppiettante dei nigeriani, ed in particolare dal velocissimo Emmanuel Sani.
Seferovic, ancora lui
Col passare dei minuti, i rossocrociati sono riusciti ad imbrigliare le trame dei giocatori di casa e nella ripresa hanno iniziato a farsi più intraprendenti davanti alla porta difesa da Paul.
Il gol della vittoria è arrivato al 63′: su un calcio d’angolo battuto da Buff, Seferovic (quinto gol per lui in questi mondiali, alla pari col capocannoniere Sani) è stato bravissimo a deviare di testa ed insaccare.
Spinti dal loro pubblico, i nigeriani hanno cercato con insistenza il gol del pareggio, senza però trovare gli spazi per superare l’attentissima retroguardia svizzera e l’onnipresente Chappuis, probabilmente il migliore in campo.
“Una vittoria meritata”
Neppure gli dei del calcio domenica sera sembravano essere dalla parte dei nigeriani: al 78′ la palla è infatti andata a stamparsi sulla traversa e dopo un parapiglia in area Rodriguez è riuscito a salvare sulla linea, prima dell’intervento risolutore di Siegrist.
Gli elvetici hanno così potuto alzare la coppa al cielo. Un evento storico per il calcio svizzero: mai prima d’ora, infatti, una selezione elvetica era riuscita a conquistare un trofeo così prestigioso. A livello di selezione maggiore, il principale fatto di gloria era stata una medaglia olimpica nel 1924!
“Non riesco ancora a rendermi conto di quanto ha fatto la mia squadra. È semplicemente fenomenale. Penso che sia una vittoria meritata. Abbiamo preparato molto bene questo incontro, riuscendo a frenare la velocità dei nostri avversari”, ha dichiarato Dany Ryser.
Un lavoro iniziato anni fa
Un incontro ben preparato, certo. Ma soprattutto un lavoro in profondità a livello di selezioni giovanili, iniziato già da diversi anni. Lo splendido percorso della nazionale svizzera ai mondiali nigeriani non è infatti stato frutto del caso. Già nel 2002, l’under 17 guidata da Philippe Senderos, Tranquillo Barnetta e Reto Ziegler, si era laureta campione d’Europa in Danimarca.
Yves Debonnaire, allenatore della selezione nazionale under 16, sottolinea i meriti del sistema di formazione istituito a partire dalla metà degli anni ’90 dall’Associazione svizzera di football, in particolare per quanto concerne la ricerca dei nuovi talenti. “Il lavoro si effettua a tre livelli. Prima di tutto nelle regioni, dove i migliori a partire dagli 11 anni partecipano a dei campionati interregionali. Parallelamente, i club cercano pure di integrare gli elementi più promettenti alle loro squadre giovanili. Infine, la federazione ha assunto sette allenatori per ‘spiare’ le leghe juniori. In questo modo è difficile non reperire un talento”.
Secondo Claude Ryf, tecnico della under 19, la federazione e i club hanno avuto il grande merito di “creare delle strutture adatte alla formazione dei giovani calciatori”. Una sessantina di giovani di età compresa tra i 14 e i 16 anni, hanno la possibilità di allenarsi in una delle tre accademie nazionali, una in ogni regione linguistica (a Payerne, Tenero ed Emmen). Sei giovani che hanno partecipato al mondiale nigeriano provengono da questi centri, che permettono di conciliare al meglio allenamento e scuola.
Un passaggio difficile
Brillare a 16-17 anni e arrivare fino alla finale dei mondiali, non significa però diventare automaticamente il nuovo Cristiano Ronaldo. “Due terzi dei giocatori che facevano parte della squadra laureatasi campione d’Europa nel 2002 non sono riusciti a compiere il passo verso il professionismo”, costata Claude Ryf. “Per garantire una buona transizione verso il mondo del calcio che veramente conta mancano degli stadi intermedi nella formazione”, sottolinea l’allenatore della under 19.
Il rischio è anche di farsi attirare troppo presto dalle sirene – e dai contratti a peso d’oro – dei campionati esteri. Gli esempi di giovani che si sono bruciati troppo presto le ali sono numerosi. Per cercare di contrastare questo fenomeno, la federazione ha creato un gruppo di sostegno, il cui obiettivo è di aiutare i giovani a pianificare meglio la loro carriera.
“Per un giovane è difficile riuscire a terminare gli studi allenandosi sei o sette volte alla settimana”, aggiunge dal canto suo Yves Debonnaire. In Svizzera mancano ancora delle vere e proprie formazioni che conciliano sport e studi. “Siamo un paese che privilegia lo sport di massa e non lo sport d’élite. I mezzi a disposizione sono quindi limitati”.
Inoltre, tra le famiglie svizzere il calcio non gode ancora di una grande considerazione e in ogni caso non è considerato un mestiere vero e proprio, contrariamente a quanto spesso accade tra le famiglie di immigrati. Del resto è assai sintomatico che ben 13 dei 21 giocatori che fanno parte della under 17 possiedono due passaporti.
La sfida alla quale da anni è confrontata la federazione è di non perdere questi talenti, come accaduto nei casi di Ivan Rakitic, Mladen Petric o Zradvko Kuzmanovic. Dopo aver fatto tutta la trafila delle nazionali giovanili in Svizzera, una volta raggiunta l’età di 21 anni questi tre calciatori hanno infatti preferito optare per la selezione maggiore del loro paese d’origine.
Quanti riusciranno?
«Bisogna poter presentare un progetto solido e far capire loro che con la nazionale maggiore avranno la possibilità di dimostrare il loro valore ed attirare l’attenzione dei grandi club europei”, osserva Yves Débonnaire.
Qualificatasi per i quattro ultimi appuntamenti maggiori (Euro 2004 e 2008, Mondiali 2006 e 2010), la selezione maggiore è diventata molto attrattiva. “Ma a volte è il cuore a parlare”, constata Débonnaire.
In ogni caso, i campioni del mondo under 17 che un giorno giocheranno con la maglia della nazionale A si potranno probabilmente contare sulle dita di una mano. “Il calcio brillante proposto dalla under 17 non ha nulla a che vedere con quello praticato dagli adulti”, conclude Claude Ryf. “Questi giocatori sono certamente pieni di talento, ma cosa succederà quando saranno confrontati allo stress, alla pressione e alla durezza fisica delle partite tra adulti?”.
Per il momento, comunque, i giovani rossocrociati dovranno solo pensare a godersi il loro meritatissimo titolo e gli applausi. Dopo una settimana di festa, potranno poi iniziare a riflettere sul prosieguo della loro carriera.