Da onde gravitazionali a polvere: Planck svela l’errore
Bicep2 si è sbagliato. L’esperimento che fa base in Antartide aveva annunciato lo scorso anno una scoperta sensazionale: sembrava che avesse captato i ‘primi vagiti’ dell’Universo, come il fenomeno fu subito ribattezzato dalla stampa. Si trattava delle rilevazioni delle onde gravitazionali primordiali, quelle che si erano originate dopo il Big Bang e che legittimavano la teoria dell’inflazione. All’enorme esplosione da cui tutto ebbe origine è seguito un periodo di espansione forsennata, di cui sembrava che fossero state individuate delle tracce inequivocabili. Le onde gravitazionali dopo la propagazione nello spazio avrebbero interagito con la radiazione cosmica di fondo, lasciando delle tracce tipiche, poi rinvenute da Bicep2. Adesso sappiamo che c’era un errore e che Bicep2 si è ingannato: quelle che ha visto non erano onde gravitazionali primordiali. A svelarlo è stato Planck, il potente satellite dell’Agenzia spaziale europea (Esa).
Secondo le sue osservazioni non c’è nessuna prova certa della presenza di onde gravitazioni risalenti al Big Bang. Per arrivare a questa conclusione Planck si è alleato con Bicep2 e con Keck Array, altro telescopio che fa base al Polo Sud. Mettendo in comune tutti i dati, gli scienziati hanno capito che c’era stata una forte contaminazione da polvere galattica. Come hanno fatto a scoprirlo? Si sono concentrati su ciò che è già noto. Sappiamo che la prima luce dell’Universo è stata la radiazione cosmica di fondo, conosciuta anche come Cmb, che risale a 380.000 anni dopo il Big Bang. Della Cmb abbiamo una mappa a tutto cielo realizzata proprio grazie a Planck. È lì che si può trovare la chiave per capire cosa è successo molto tempo prima. Osservando la polarizzazione della luce, cioè la vibrazione delle onde elettromagnetiche in una certa direzione, si può risalire alle onde gravitazionali che si sono prodotte durante l’inflazione. Ma la caccia non è semplice. Il team di Bicep2 ha attribuito alle onde gravitazioni primordiali delle tracce rinvenute nella polarizzazione della radiazione cosmica di fondo. E qui si è generato l’errore.
Quelle tracce possono essere state generate anche dalla polvere interstellare della via Lattea. ‘Pulire’ la luce dalla polvere è un’operazione molto delicata. Per Bicep2 impossibile. L’impresa è invece alla portata di Planck, che ha a disposizione nove canali di frequenza che gli permettono di separare i vari elementi. I dati di Planck sono stati comparati con quelli di Bicep2 ed è emerso che la polvere interstellare individuata dal satellite dell’Esa era sovrapponibile con il segnale che l’esperimento aveva captato. Lo studio che ne è derivato è stato proposto per la pubblicazione alla rivista scientifica Physical Reviews Letters. A contribuire anche gli scienziati del Dipartimento di Fisica e Scienze della terra dell’università di Ferrara. Lo studio delle onde gravitazionali primordiali “è un punto di contatto assolutamente notevole tra cosmologia e fisica fondamentale. Siamo orgogliosi di contribuire a una tematica davvero alla frontiera della ricerca fisica, a livello mondiale”, spiega il direttore del Dipartimento, Roberto Calabrese.
“Abbiamo avuto l’ennesima conferma delle eccezionali capacità di Planck, che proprio grazie alla sua capacità d’osservare l’intero cielo in nove frequenze ha permesso d’arrivare a una conclusione condivisa”, spiega Reno Mandolesi, responsabile dello strumento LFI, a bordo di Planck. “È bene sottolineare che, pur non avendo trovato una prova convincente della presenza d’un segnale dovuto alle onde gravitazionali primordiali ciò non invalida in alcun modo l’ipotesi dell’inflazione cosmica”.
Fonte: Agenzia Dire/www.dire.it