L’economica svizzera beneficia della libera circolazione delle persone con l’UE, senza dumping salariale eccessivo
Anche nel 2014 si è registrato un forte afflusso di lavoratori stranieri in Svizzera. La libera circolazione, in vigore dal 2002, ha alimentato la crescita dell’immigrazione e dell’economia con positivi effetti sulle prestazioni economiche pro capite. La quota della disoccupazione strutturale non è cambiata di molto e non si è verificata una larga pressione sui salari, eccetto le regioni di confine come la Romandia e in particolare il Ticino. È il quadro tracciato dall’undicesimo rapporto dell’Osservatorio sull’Accordo sulla libera circolazione tra la Svizzera e l’UE (ALC). In confronto ai Paesi dell’UE dall’inizio dell’ultima crisi finanziaria 2007/08, la Svizzera presenta una buona crescita economica e un’evoluzione stabile del mercato del lavoro.
Ci sono stati diversi spostamenti nei flussi migratori verso la Svizzera, caratterizzati dalle forti differenze nell’andamento economico nelle diverse regioni europee, soprattutto dai paesi dell’est e del sud. È aumentato da 13.500 unità nel 2008 a 22.300 unità nel 2014 il saldo migratorio relativo ai cittadini portoghesi, italiani e spagnoli. È cresciuto anche il saldo migratorio relativo ai cittadini dei dieci Stati UE dell’Europa dell’Est: da 4.600 a 10.500 unità. È diminuita invece l’immigrazione netta dalla Germania, passata da 29.000 a 6.800 persone, grazie al notevole sviluppo economico del mercato tedesco. Resta ad alti livelli l’immigrazione globale in Svizzera, con un leggero calo rispetto all’anno precedente. Nel 2014 il saldo migratorio internazionale era di 73.000 unità; di queste, 50.600 erano cittadini degli Stati dell’UE/AELS, quest’ultimi calati del 25%, al di sotto della media degli ultimi sei anni. L’immigrazione dall’area UE è dovuta nel 60% dei permessi rilasciati a motivi di lavoro. Rimane immutata la topologia delle qualifiche. La metà degli immigrati dai Paesi UE/AELS ha una formazione universitaria e di livello terziario.
Per quel che riguarda la disoccupazione, con la libera circolazione la quota non è cambiata di molto. Il rapporto vede la maggior parte dei lavoratori stranieri come un completamento anziché una concorrenza per i cittadini svizzeri, che hanno beneficiato della crescita occupazionale. Solo la Norvegia ha registrato una percentuale di disoccupati più bassa. Ma nonostante la favorevole evoluzione del mercato del lavoro la SECO resta vigile, in considerazione della forte immigrazione ancora in atto e del recente nuovo peggioramento delle prospettive congiunturali. Un’alta priorità si deve concedere anche ai controlli e alle applicazioni sui salari e sulle condizioni di lavoro nell’ambito delle misure d’accompagnamento, soprattutto nelle regioni di confine, che registrano un netto aumento dell’impiego di frontalieri. La rivalutazione del franco svizzero ha stimolato la ricerca sul mercato del lavoro elvetico, rendendolo più attrattivo per immigranti e frontalieri. In queste regioni esiste il rischio di dumping salariale e i sindacati chiedono di rafforzare le misure per far pagare salari svizzeri, altrimenti ci devono essere multe e sospensioni del lavoro. In media tra il 2002 e il 2014 le retribuzioni sono cresciute in media dell’0,7% all’anno, ma sono sotto la media nelle regioni di confine. Anche i salari dei frontalieri e immigrati, con un permesso di breve durata, sono più bassi rispetto ai cittadini, nonostante le competenze siano uguali. Le differenze salariali nel 2012 hanno raggiunto quasi il 12%.
I dati del rapporto presentato dalla SECO mostrano un quadro simile a quelli degli ultimi anni, con una tendenza generale positiva, ma senza poter parlare di un’analisi rosa. La libera circolazione in Svizzera non dispone più di una maggioranza e non bisogna tralasciare gli aspetti critici per le conseguenze che potrebbe avere su benessere, disoccupazione e salari se verrebbe a mancare.
Gaetano Scopelliti