La ricorrenza celebrata in parlamento
Per una volta, l’anfiteatro della camera dei deputati presentava il suo volto migliore. Sfavillante, direi. I commessi in livrea. Le tribune affollate. La giornata era di quelle destinate a trovare un suo spazio nel grande libro della storia.
Sessanta anni fa l’Italia ritrovava il suo posto nel consesso delle nazioni. Uscita umiliata dall’avventura totalitaria, issava il vessillo tricolore, accanto alle altre nazioni del mondo, sul piazzale antistante il palazzo di vetro delle nazioni unite. Benvenuta, Italia! Dissero, in coro, i membri della assemblea a cui i popoli avevano affidato allora, e affidano oggi, le speranze e le attese dell’umanità. Sessanta anni in cui, l’Italia, ha cercato la via del progresso e del protagonismo tra i popoli e le nazioni.
La ricorrenza meritava la solennità come poche volte si può assistere nell’aula di Montecitorio. A camere riunite, presiedute dai presidenti delle due assemblee, Laura Boldini e Pietro Grasso, in presenza del presidente della repubblica, Sergio Mattarella, e del presidente del consiglio, Matteo Renzi, il parlamento repubblicano ha accolto il segretario Generale dell’ ONU, Ban Ki Moon, che si è rivolto ai rappresentanti del popolo italiano ricordando le tappe fondamentali in cui la repubblica italiana si è distinta nel corso dei decenni a difesa e ricostruzione della pace nelle aree più travagliate del mondo. È poi toccato a Matteo Renzi ringraziare l’illustre ospite e ricordare come l’Italia sia stata, negli ultimi decenni, una assoluta protagonista nello scacchiere mondiale.
Nelle terre della ex Iugoslavia, come in medio oriente, iniziando dal Libano e in Afghanistan, il nostro paese ha dato il meglio di se con una idea di pace non astratta, chiusa in se stessa, ma aperta al mondo nel culto dei valori della cooperazione e della solidarietà. Mare nostrum è stato l’esempio di come un grande paese sa assolvere ai suoi doveri. Spesso anche all’interno sbeffeggiati e derisi, abbiamo mostrato all’Europa l’esempio da seguire per trasformare il mediterraneo in un lago di pace, amicizia e cooperazione tra i popoli.
Ma occorreva l’ecatombe di aprile – quasi mille bambini, uomini e donne persero la vita nel naufragio della più grave sciagura del dopoguerra- per risvegliare la coscienza dell’Europa. Comprendere che i milioni di migranti in fuga dalla miseria africana e dall’ infernale pantano medio orientale sono una sfida per l’intera Europa. Una sfida in cui l’Europa gioca il suo destino di Unione fondata su alti valori umani già indicati dai suoi fondatori. Dublino, che affidava ai paesi di prima ospitalità la responsabilità di accogliere i migranti, appartiene ormai al passato politico, ha affermato con fermezza il presidente del consiglio, Matteo Renzi.
Sono d’accordo. E d’altronde, il nostro presidente ha trovato nella cancelliera illuminata, Angela Merkel, l’alleata per sconfiggere i muri dell’egoismo di chi è stato accolto nell’Unione senza comprenderne i valori e le responsabilità. Bene ha fatto il presidente del consiglio a ricordare come il centro dell’Europa non è Bruxelles, ma sono oggi i suoi confini su cui occorre issare la bandiera dell’accoglienza e della responsabilità. Alla testa dell’isolazionismo miope e irresponsabile sta pure il primo ministro britannico David Cameron. Prigioniero delle sue promesse in campagna elettorale, in cui suonò la gran cassa del referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea, si muove come il cieco senza bastone e il suo amico pastore. Abbaia alla luna, il poveretto, e vaga senza meta. Ha ipotizzato il referendum sull’Europa nella seconda metà del 2016.
Spero nella saggezza del popolo britannico che ha pur saputo, nel corso della sua storia, accogliere e integrare milioni di cittadini del mondo. Se prevalesse il no all’Unione, saremmo al vuoto e al caos. Un vuoto di anni, contrassegnato da inestricabili negoziati per stabilire le condizioni di uscita. E il giorno dopo il governo Cameron esploderebbe, con la Scozia di nuovo pronta a domandare l’indipendenza. E questa volta con successo. A forza di giocare con il fuoco, il primo ministro Cameron avrebbe così distrutto il Regno Unito e l’Unione europea. Poveri inglesi e poveri noi.
Non accadrà: nell’ accoglimento dei migranti, come nella costruzione unitaria europea, prevarranno saggezza e responsabilità