A conclusione del festival della Diplomazia esperti a confronto: “Spingere su prevenzione e rimozione”
Galleggia sempre più ‘spazzatura’ spaziale sulle nostre teste. In quasi 50 anni di attività spaziali, più di 4’900 lanci hanno posizionato circa 6’600 satelliti in orbita, dei quali 3’600 nello spazio extraatmosferico. Ma di tutto questo materiale ad alta tecnologia, solo circa 1’000 satelliti sono ancora operativi, mentre tutti gli altri stanno affollando di frammenti artificiali le orbite terrestri. Si tratta di satelliti intatti, frammenti di razzi esplosi a seguito di collisioni ed oggetti dispersi dopo attività extraveicolari.
E la questione dello Space Debris sta emergendo come una delle problematiche più rilevanti per la sicurezza dello spazio extraatmosferico. I detriti spaziali, infatti “si auto-generano e minacciano di rendere inutilizzabile l’ambiente spaziale extraatmosferico, specialmente l’orbita bassa terrestre” e, per risolvere la questione “ormai pressante”, servono azioni di prevenzione a livello nazionale per “evitare la contaminazione” dell’ambiente spaziale, con seri rischi anche per gli astronauti che abitano la Stazione Spaziale Internazionale e satelliti attivi importanti come quelli per le Tlc”. Ma non solo.
Ridurre e contenere il dilagare della spazzatura spaziale richiederebbe anche attività internazionali “di rimozione dei detriti particolarmente pericolosi”. Ma ad ora “manca una definita regolamentazione”. È il quadro emerso dal brain storming “Space Law and Debris Responsibility” a conclusione del Festival della Diplomazia. La conferenza è stata realizzata in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea (Esa), l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), il Dipartimento di Scienze Politiche – Cattedra di Diritto aerospaziale dell’Università La Sapienza, con il contributo di Finmeccanica.
A tracciare lo scenario degli space debris sono stati Marco Ferrazzani, responsabile dell’Esa Legal Services Department, Sergio Marchisio, membro del Cda di Adi e ordinario di Diritto internazionale all’Università La Sapienza, Simonetta di Pippo, direttore di Unoosa (United Nations Office for Outer Space Affairs), l’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico.
Il 13 novembre detriti sull’Oceano Indiano
Nick Moskovitz, astronomo presso il Lowell Observatory, uno dei tanti ricercatori impegnati nello studio dei detriti spaziali, ha spiegato che non sono sicuri “al 100% che si tratti di un oggetto artificiale” ma, ha aggiunto, “stiamo cercando di chiarire questo punto” entro pochissimo tempo. “L’orbita – ha aggiunto – ci indica che l’oggetto effettuerà un incontro ravvicinato con la Terra nell’arco di questa settimana, quindi saremo in grado di raccogliere nuovi dati”.
Moskovitz conta di osservare l’oggetto in avvicinamento con il telescopio Soar (Southern Astrophysical Research) in Cile e di raccogliere immagini e informazioni spettrali che possono rivelare caratteristiche del corpo come ad esempio la sua composizione. I colleghi di Moskovitz in Italia e al Jet Propulsion Laboratory della Nasa, riferisce l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), “utilizzeranno i dati delle sue osservazioni per affinare l’orbita, permettendo di individuare con maggior precisione il punto di ingresso in atmosfera”. Intanto Peter Jenniskens del Seti Institute in California sta pensando di noleggiare un aereo privato per studiare l’evento da vicino.
Moskovitz ha aggiunto che la stima per le dimensioni dell’oggetto va da 1 a 2 metri di diametro, e che probabilmente brucerà subito dopo l’ingresso in atmosfera. “Non sappiamo -ha sottolineato – cosa sia, quindi non conosciamo la sua forma e come si frammenterà. Un pezzo di un pannello solare, ad esempio, si comporterebbe diversamente da un serbatoio. C’è sicuramente la possibilità che i frammenti possano arrivare fino al suolo, anche se penso che sia improbabile”.
Secondo Moskovitz comunque ciò che accadrà il 13 novembre sarà “una grande opportunità di apprendimento”. Sarà “simile ad un esperimento controllato” ha osservato aggiungendo, “in questo caso siamo in grado di prepararci”. Secondo la Nasa, milioni di frammenti di spazzatura spaziale stanno orbitando attorno alla Terra, di questi circa 500’000 hanno dimensioni confrontabili o appena superiori ad una biglia, e 20’000 sono più grandi di un’arancia.
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