Sul numero di dicembre di OK Salute c’è la testimonianza di Pippo Baudo a proposito di ciò che possono provare – ma non è detto che per tutti sia così – coloro che perdono i capelli e rimangono calvi, magari fin dalla giovane età.
“Solo chi ha la calvizie sa davvero quale complesso sia non avere capelli, che disagio si provi. Non c’è successo professionale o personale che serva a fartelo dimenticare. Non c’è moda che aiuti. È vero, molti giovani vanno in giro con la testa rasata a zero. Ma che c’entra? Loro i capelli, se volessero, ce li avrebbero lunghi e fluenti. Io, stempiato dall’età di vent’anni, mi sono sentito defraudato di qualcosa d’importante. Un calvo, credetemi, sente di avere una “diminutio”. Per me era anche una questione d’immagine professionale. Perché, non c’è niente da fare, la pelata in tv invecchia (…) Mi vedevo già condannato al parrucchino quando il mio destino è cambiato: a un certo punto ho scoperto che esisteva la possibilità di fare il trapianto di capelli. Non ho affrontato un solo intervento bensì tre.
La prima volta sono stato davvero un pioniere. Era il 1980, avevo sentito parlare di una tecnica messa a punto in Francia dal professor Puthod. Dopo qualche esitazione sono andato da lui, a Parigi. Nel suo studio incontrai due cantanti: Charles Aznavour e Elton John. Con Aznavour siamo rimasti amici. Fu lui a convincermi ad affrontare l’intervento. Per Elton John il professore disse che non c’era nulla da fare: aveva dei capelli finissimi, d’angelo li chiamava lui. Si è dovuto consolare con le parrucche.
Il primo intervento fu lungo, doloroso. Allora la tecnica del trapianto consisteva nello staccare interi lembi di cuoio capelluto ancora ricco di bulbi piliferi e impiantarli nelle zone della testa più nude. Dopo, ricordo ancora, trascorsi tre o quattro notti di sofferenza. E i risultati non furono del tutto soddisfacenti.
A metà degli anni 90 conobbi a Roma Giuseppe Rosati, che aveva studiato le nuove tecniche messe a punto in America e in Brasile. Fiducioso, mi rivolsi a lui per il mio secondo intervento di autotrapianto. Stavolta mi furono prelevati uno a uno i bulbi piliferi dalle zone della testa ben fornite e impiantati lì dove la calvizie aveva fatto piazza pulita. Un intervento in anestesia locale, che durò due o tre ore. Io le trascorsi serenamente chiacchierando di televisione e spettacolo con il chirurgo, mentre mi operava.
La cosa strana è che i primi giorni dopo l’intervento accarezzavo quelle piccole parti di capelli che erano state trapiantate e dopo pochi giorni nulla: tutto caduto. Al che pensai: “Ahia! È andata male”. Invece, dopo poche settimane, sentii crescere nuovi capelli, più forti e vigorosi, dai bulbi impiantati nella loro nuova casa. È qualcosa di miracoloso… Cinque anni dopo ho fatto l’ultimo intervento di rinfoltimento. Bene anche quello. Consiglio a tutti coloro che vivono male la loro calvizie la mia esperienza. Ora, tra l’altro, il trapianto di capelli ha costi anche più contenuti, nello standard dei più semplici interventi di chirurgia estetica. Soldi ben spesi, prima che la piazza diventi un male psicologico”.
Ecco la nuova tecnica per l’autoimpianto. Con il micro-punch si estrae un’unità follicolare per volta, in genere dalla nuca, dove i capelli sono assai folti. Con il bisturi si crea un’incisione dove innestare l’unità follicolare. Ogni singola unità follicolare viene trapiantata in sede. L’intervento dura da qualcuna ad alcune ore e può essere effettuato in più riprese: dipende dall’ampiezza della zona da impiantare.
Ovviamente, se la calvizie è totale, non c’è intervento che tenga.
Un’altra tecnica è ancora futuribile e si tratta di clonare un proprio capello, di coltivare i bulbi e successivamente impiantarli. Di questa tecnica si è parlato qualche anno fa ma evidentemente non è stata ancora perfezionata.
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1 commento
No, sono stupidaggini. Non esiste alcun intervento che ridoni i capelli perduti