La consegna dei certificati di lingua italiana CELI a Basilea
Cambiano i protagonisti.
La scena è sempre la stessa.
L’Aula Magna dell’Università di Basilea è affollata ( 300- 400 presenti) da una marea di giovani accompagnati, spesso, dai loro genitori e con qualche variante, dai nonni. Sono tutti convenuti alla cerimonia di consegna dei Certificati CELI inerenti lo studio della lingua e della cultura italiane. Sotto l’attenta regia del coordinatore Marco Minoletti, responsabile del centro d’esame CELI, intervengono gli oratori ufficiali della manifestazione, tra i quali, la presidente del Comitato degli italiani all’estero, Nella Sempio e il Dirigente scolastico, Anna Maria Marzorati,
che hanno sottolineato come l’insegnamento della lingua italiana in Svizzera è fattore importante di arricchimento e di integrazione protagonista in uno stato, la Confederazione Elvetica, così ricca di un suo storico multiculturalismo parte dell’atto costitutivo della sua fondazione. Ho portato il saluto e il ringraziamento più sentiti alla fondazione ECAP che, in collaborazione con l’università per stranieri di Perugia, svolge, da ben 12 anni, una attività talmente meritoria da rappresentare un vera eccellenza nel campo dell’ approfondimento della lingua italiana. 2800 ragazze e ragazzi hanno ottenuto il diploma linguistico nel corso degli ultimi dodici anni e ben 300 nel 2015.
Solo e unicamente la cultura diffusa in tutto il pianeta può sconfiggere i disegni criminali. Come sta accadendo nel travaglio del secolo ventunesimo, e alla luce dei fatti di sangue legati al terrorismo islamico sunnita, che, nel solo mese di novembre, ha provocato tante vittime frutto dell’odio assassino: gli oltre duecento giovani sull’aereo che li portava da Sharm el-Sheikh a San Pietroburgo, precipitato nel deserto del Sinai a causa dell’esplosione di una bomba in volo, e i cento trentadue giovani, di ogni nazionalità e colore, negli attentati di Parigi.
La cultura in tutte le sue forme. Che è apprendimento linguistico, conoscenza delle molteplici tradizioni storiche e umane dei tanti popoli che vivono su questa nostra terra. Che è rispetto e tolleranza. Curiosità. Desiderio di guardare aldilà del ristretto orizzonte in cui sei costretto a vivere nel corso degli anni. Avviandomi nel primo mattino verso la stazione sotto uno svolazzante nevischio, preludio al lungo inverno alle nostre porte, pensavo alla tristezza di Bruxelles e Parigi, alle piazze ed ai boulevards desolatamente vuoti nonostante le sfavillanti luci prenatalizie. Chissà chi troverò a Basilea? Forse la stessa atmosfera, il medesimo sentimento di solitudine e di paura che ti fa rimanere al chiuso, prigioniero di un animo triste e sconfitto? Mah…
Acquisto il solito quotidiano e già il titolo, tutto dedicato ai provvedimenti restrittivi per chi viaggia e utilizza il web, non sono il massimo per una buona giornata. La mia attenzione si concentra su due copie di giovani: fidanzati , novelli sposi, o quant’altro, saliti a Zurigo. Le gonfie valigione sono inconfondibile testimonianza di lunghi viaggi. L’abbigliamento tradizionale, e senza velo, per le giovani di sicura fede musulmana, gli occhioni intensi, velati da una atavica malinconia, come quelli che scrutai nelle giovani libiche della terra del Ghibli, indicano la probabile provenienza.
Avrei voluto parlarle. Sapere da dove vengono e dove stanno andando. Chissà? Forse oltre Basilea verso la terra dei galli ove hanno dei parenti, un casolare ove trovare ospitalità e rifugio. Cosa pensano dei drammi parigini. Come intendono reagire all’odio e alla violenza di chi vorrebbe rinchiudere gli uni e gli altri nell’isolamento e nel separatismo. Già: ognuno al suo posto a pregare per un suo Dio. Quel Dio che non esiste se non nella mente perversa degli assassini. Non c’è più tempo. Sono a Basilea. Entro nell’ Aula Magna dell’Università mentre il coordinatore, Marco Minoletti, inizia il suo dire. La consegna dei certificati ai giovani apre il mio cuore alla speranza. È una bella gioventù, e dai cognomi più disparati, che indicano provenienze multinazionali e interculturali.
Ricevono i certificati di studio con l’orgoglio di avercela fatta. L’augurio è che sia solo l’inizio di un lungo cammino. Una storia appena accennata. I raggi del sole invadono, all’improvviso, l’Aula Magna dell’Università. Forse il segno augurale per l’anno che verrà. Perché toccherà a loro, anche a questi splendidi ragazzi dalle tante provenienze culturali e umane, costruire l’avvenire: una nuova civiltà dei diversi e uniti per l’umanità di domani