Gli armaioli svizzeri devono fare i conti con i privati che vogliono liberarsi delle armi. Non è solo l’effetto della nuova legge, che prevede l’obbligo di dichiarazione della propria arma. Si tratta anche di un cambiamento di mentalità.
“Questa rivoltella mio padre l’aveva presa a un SS”, racconta un uomo anziano esibendo una foto polaroid. La scena si svolge all’inizio di dicembre, alla 16esima Borsa delle armi di Losanna, uno dei saloni specializzati in Svizzera. L’arzillo settantenne gira tra le bancarelle portando con sé le fotografie delle armi che desidera vendere. Perché desidera vendere le sue armi? “Perché molto presto morirò”, risponde come se fosse un fatto così evidente. Ma i figli, non sono interessati? “Ma no, non sanno che farsene”. Alla borsa delle armi chi desidera disfarsi di pistole, baionette, moschettoni e altre armi scovate tra il patrimonio di famiglia, è in buona compagnia. “Siamo letteralmente presi d’assalto dalle domande di riacquisto di pistole Walther, Star o Mathurin, moschettoni e altro ancora” affermano gli armaioli da Zurigo a Losanna, passando da La Chaux-de-Fonds. I prezzi, di conseguenza, non sono molto elevati.
” Ci sono molte persone che non sanno più cosa devono e possono fare. ”
Hans Simonet, armaiolo
Svizzera popolo di tiratori addio
Gli armaioli svizzeri sono piuttosto in collera contro le operazioni di restituzione delle armi – senza contropartita finanziaria – organizzate quest’anno in tutta la Svizzera. Fino a metà novembre, più di 16 mila armi sono state riconsegnate e, successivamente, distrutte. “Capita che oggetti di valore siano così spediti al macero. E fa male”, conferma Hans Simonet, armaiolo a Morat e membro del comitato dell’Associazione svizzera degli armaioli e dei commercianti di armi specializzati (ASA). Dinnanzi alle ondate di restituzione e di vendite, sorge spontanea una domanda: la Svizzera ha forse cessato di essere un popolo di tiratori come vuole la tradizione? “Questi tempi sono proprio finiti”, conferma la consorte di un commerciante presente alla Borsa delle armi. “In passato – aggiunge la donna – le armi si trasmettevano di generazione in generazione. Ora, spesso per ragioni etiche o per racimolare qualche franco, la gente desidera sbarazzarsene”. “Dopo ogni episodio di cronaca nera in cui c’entrano le armi a domicilio, molto persone arrivano da me per venderle” afferma un armaiolo al centro di Zurigo. “Macché, la Svizzera resta un popolo di tiratori” ribatte Edouard Debétaz, direttore della Borsa delle armi di Losanna, soddisfatto per la presenza di un centinaio di espositori, una cifra stabile a dispetto della crisi. “Per forza di cose si vende molto, non foss’altro che per la riduzione degli effettivi dell’esercito, passato da 400’000 a 220’000”. Secondo Hans Simonet questa tendenza a liberarsi delle armi è pure legata alla nuova legge federale. Entrata in vigore il 12 dicembre 2008, lasciava ai proprietari un anno di tempo per registrare i loro beni. “Ci sono molte persone – spiega l’armaiolo di Morat – che non sanno più cosa devono e possono fare”.
Gli appassionati di tiro insorgono
La maggioranza dei visitatori della Borsa delle armi sono molto adirati contro la nuova legge e insistono sulla loro onestà e sul loro senso di responsabilità. “Non si è mai smesso di inasprire le prescrizioni” sottolinea un appassionato di tiro sportivo residente a Losanna, che apprezza la concentrazione richiesta dal suo sport. Ma per chi? “Per infastidire coloro che si danno la pena di essere responsabili e di rispettare le regole di sicurezza”, risponde. Mentre un altro solleva una riflessione polemica: “Cosa pensa? Che le persone malintenzionate registreranno la propria arma”? Un altro visitatore, che esercita la professione del poliziotto, approva invece l’accresciuta severità. “La legge è stata per troppo tempo eccessivamente lassista, ma certe disposizioni transitorie sono sbagliate. Abbiamo abituato le persone a poter firmare dei contratti tra privati. E’ difficile tornare indietro”. Neppure l’ufficiale Claude Perret – capo dell’Ufficio delle armi della polizia cantonale vodese presente con una bancarella alla Borsa delle armi – è convinto della nuova legge, “che non distingue le armi da fuoco dalle altre, suscitando così l’incomprensione dei commercianti”. Inoltre, aggiunge, contro coloro che non dichiarano l’arma, non è prevista alcuna sanzione. Secondo i partigiani dell’iniziativa “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi” più di 2,3 milioni di armi da fuoco sarebbero custodite nel Paese, un’affermazione che lo fa sorridere: “Ritengo che nel solo canton Vaud ve ne siano un milione”. “Non bisogna farsi illusioni – aggiunge l’ufficiale vodese – i rambo non mancano. Ma siamo all’ascolto delle famiglie, dei medici e di altri esperti e finiamo sempre per scovarli. Come si dice dalle nostre parti, sono solo le montagne a non incontrarsi…”