L’immancabile capo estivo compie settant’anni
All’inizio fu scandalo: era il 1946 quando il bikini fece la sua prima apparizione sulla passerella della piscina dell’hotel Molitor a Parigi. Perfino le spogliarelliste del tempo lo guardarono con sospetto, mentre il Vaticano lo bollò addirittura come “peccaminoso”.
Ideato e disegnato dello stilista francese Louis Réard, il celebre capo deve il suo nome all’Atollo Bikini delle isole Marshall. Lo stilista paragonò infatti l’effetto dirompente di quel succinto “indumento” a quello di un’esplosione nucleare come quelle effettuate al tempo, appunto, nell’atollo di Bikini.
Per scendere più nei particolari, nelle interviste del tempo, lo stilista si diceva convinto che il suo capo avrebbe provocato negli uomini lo stesso effetto di una bomba atomica. Ritenuto troppo osè, tanto che era difficile trovare modelle che accettassero di indossarlo, si dovettero aspettare gli anni ’50 per la sua affermazione, quando a rompere gli schemi furono le pin up del tempo: da Brigitte Bardot che lo indossò in “E Dio creò la donna” a Jayne Mansfield, da Marilyn Monroe che lo sfoggiò a vita alta ad Ursula Andress che nel primo 007 lo indossò bianco, sconvolgendo l’immaginario erotico del pubblico, senza dimenticare Raquel Welch e il suo bikini di pelle in “Un milione di anni fa” o Rita Hayworth in “Gilda”.
Fu dunque il mondo del cinema a sdoganare definitivamente il capo, anche se furono poi gli anni ’60 a segnare una maggiore ma sempre cauta affermazione del bikini, che da lì in poi entrò di prepotenza nel guardaroba di donne e ragazze. Dai modelli con le mutandine a vita bassa degli anni ’60, a quelli all’uncinetto degli anni ’70, con l’affermarsi del reggiseno a triangolo.
Gli anni ’70 sono anche quelli del tanga, mentre negli anni ’80 alle mutandine sempre più sgambate si accoppiava il reggiseno con top a fascia.
Anni ’90: si afferma il leopardato, sfoggiato da Valeria Mazza e Tyra Banks in Sports Illustrated, l’edizione speciale, annuale, del magazine americano dedicata proprio al bikini. Il 2000 è invece l’anno del bikini con lo slip a triangolo e i laccetti sui fianchi, modello cult per valorizzare la vita e la pancia e ostentare l’ombelico, fino ad allora considerato un tabù.
Oggi la vera tendenza è non avere tendenza e le novità che gli stilisti propongono si consumano e si rinnovano nell’arco di una stessa stagione, altro che decenni: sono periodi caratterizzati da un misto di tendenze, dal ritorno del costume a vita alta e di quello intero, mentre a farla da padrone sono le tinte forti e il mix di stili diversi, dallo sportivo allo chic nello stecco capo.
A voler tirare le somme la vera rivoluzione in questi 70 anni è stata rappresentata dall’audacia e dal coraggio dimostrato nell’indossare questo indumento davvero unico per quell’epoca, incarnando tutto il desiderio di emancipazione e di rivalsa delle donne del dopoguerra.
Anche se in realtà le sue origini possono esser fatte risalire già all’epoca degli antichi romani che avevano già pensato a ricoprire seno e pube con due semplici strisce di stoffa, come testimoniano i mosaici della villa romana di Piazza Armerina che raffigurano donne che giocano coperte solo di quello che oggi abbiamo imparato a chiamare bikini.