Il Fertility Day del prossimo 22 settembre sarà certamente ricordato. Non perché ben organizzato o perché sarà una manifestazione riuscita, con cospicua e sentita partecipazione, ma perché preceduta da una campagna pubblicitaria altisonante, clamorosa e che non passa certo inosservata.
Al centro di tutto vi è la fertilità della donna (come se l’uomo non avesse neanche un minimo merito sulla creazione di un figlio. Ancora una volta in Italia vige la regola spicciola che “i figli sono delle mamme”), e la capacità di procreare. Ma soprattutto dalla campagna promozionale in questione emerge un grande onere per la donna: quello di fare figli. Ma dove è finita l’idea romantica del figlio come espressione d’amore?
Ok, è da anni che non esiste più, per molti, non per tutti, ma il concetto di fare un figlio non può ridursi al semplice atto di colmare lo scarso tasso di natalità in Italia. Fare un figlio è una cosa ben più importante, è qualcosa che deve essere fatto con amore verso la creatura che arriverà ma anche con una grande responsabilità, sapendo dell’incertezza del futuro che stiamo costruendo (e soprattutto che la classe politica italiana sta lasciando) alle generazioni che verranno. Ma, diciamola tutta, chi se ne importa dell’incertezza del futuro? Cosa ci interessa se in Italia non ci sono buone scuole (al contrario di quello che si vuol far credere), formazioni lavorative competitive, semplici impieghi di lavoro per tutti, spazi adeguati e sicuri per le famiglie, aiuti e contributi basilari, agevolazioni concrete, sicure e sufficienti per bisogni minimi? Quello che preme è soprattutto fare figli. E il motivo è che l’Italia non ne “produce” tanti: “Il tasso di infertilità in Italia è intorno al 30 per cento: il piano nazionale sulla fertilità fatto da esperti vuole preservare la possibilità di procreare” afferma il ministro Lorenzin. Così se ne esce con una campagna per la fertilità che non si riesce a capire se fa più ridere o piangere.
Si potrebbe fare un gioco: dare una risposta a ogni slogan delle cartoline di supporto al Fertility Day. Incredibile come ci sia sempre la risposta giusta a ognuna di esse.
“La costituzione tutela la procreazione cosciente e responsabile”: quindi figli di ragazze madri, figli non decisi a tavolino, “bimbi di bimbi” ovvero di ragazzini troppo giovani, figli di coppie che scoppiano presto o figli nati da incontri di passione senza controllo, non importa se esistete, avete il peccato originale che i vostri procreatori non sono responsabili… cercatevi un’altra nazione (sarà questa la risposta all’esodo di massa dall’Italia, alla fuga dei cervelli?).
Sarebbe interessante sentire il parere di alcuni genitori più in là con l’età in merito a questa affermazione: “Genitori giovani, il miglior modo per essere creativi”. Ogni bimbo è un’opera d’arte a sé, non è certo l’età dell’artista a garantire la riuscita di un capolavoro. E poi le creazioni di un artista esperto e maturo non sono certo da meno rispetto a chi è meno esperto nel settore anzi, dovrebbero assicurarne una certa coscienza e responsabilità proprio come richiesto al punto precedente. Che poi dovrebbe anche saperlo bene la Lorenzin che, a quanto pare, ha fatto il suo “dovere” di creare un nuovo membro della nazione Italia (anzi due. Il ministro ha fatto gemelli… per recuperare il tempo perduto?) all’età di 43 anni.
“La fertilità è un bene comune”: sì, è vero, ma poi se non abbiamo come camparli non ce li campa nessuno! E non occorre aggiungere altro, soprattutto non lo fa chi per potersi fare una famiglia (oltre che una posizione) ha dovuto lasciare l’Italia.
Senza mezzi termini, sconcertante e irrispettoso lo slogan: “La bellezza non ha età. La fertilità sì” che come unica risposta si meriterebbe un No Comment. Perché ci sono tante donne che lottano anni e anni per avere un figlio e non riescono ad averlo, per una qualsiasi ragione fisica spiegabile e non spiegabile. Perché prassi come procreazione assistita, fecondazioni in vitro e robe simili sono costose e impegnative. Perché hanno avuto la sfortuna di innamorarsi di un partner infertile. Perché la possibilità economica di fare un figlio, o più figli, è diventata un privilegio riservato a pochi. A volte non arriva e basta, senza alcun motivo apparente e ciò è già abbastanza frustrante e logorante per una donna che non bisogna infierire ancora di più con slogan insensibili e sessisti.
Insomma, ce ne sarebbero di motivi per invogliare a fare figli. Il nostro governo ha scelto i più sbagliati ma soprattutto ha scelto di investire dei soldi pubblici su una campagna pubblicitaria provocatoria e per questo ben riuscita, per quanto concerne la visibilità, visto che il Fertility Day è adesso sulla bocca di tutti, ma poco produttiva in materia di resa visto che per fortuna nessuna donna farà un figlio solo perché glielo ha detto uno slogan pubblicitario.
La migliore campagna pubblicitaria è quella che ti dà soprattutto i mezzi per poter generare figli: assistenze mediche, sociali, supporti finanziari, economici. La possibilità di crearsi e di raggiungere una certezza economica. La serenità di sapere di essere protetti, tutelati dalle figure competenti, vivere in luoghi tranquilli. La promozione, creazione e realizzazione di asili, scuole, percorsi formativi e professionali competitivi, strutture e spazi dedicati alle famiglie, dedicati ai bambini, dedicate alle mamme, dedicati ai padri, ai nonni…e via dicendo. Questo e molto altro sarebbe il vero incentivo a fare figli e non una stupida ed offensiva campagna pubblicitaria.
Eveline Bentivegna
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