Minivocabolario di Paolo Tebaldi
In un saggio pubblicato sulla rivista bimestrale “per una sinistra illuminista” MicroMega, il suo direttore, Paolo Flores D’Arcais, si sofferma sul rapporto tra democrazia e eguaglianza sociale.
«L’essenza della democrazia – scrive Flores D’Arcais – sta nell’autonomia del voto e nelle condizioni culturali e sociali, oltre che istituzionali, cioè nelle politiche sostantive che tale autonomia garantiscono» (riconoscendo quando sancito dall’Art. 3 della Costituzione: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine ecomomico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”). In una democrazia che non sia semplicemente di facciata «elettori debbono essere tutti i cittadini che abbiano raggiunto la maggiore età, senza distinzione di razza, di religione, di censo, di sesso; tutti gli elettori debbono avere voto uguale e debbono essere liberi di votare secondo la propria opinione formatasi quanto è più possiile liberamente, cioè in una libera gara di gruppi politici che competono per formare la maggioranza nazionale (…). Una democrazia perfetta, sinora in nessun luogo realizzata e quindi utopica, dovrebbe essere insieme formale e sostanziale» (Norberto Bobbio, da Dizionario di Politica, Istituto Geografico De Agostini).
Venendo al significato etimologico del termine democrazia l’antica lingua greca la fa derivare dalle parole potere e popolo. Quindi la democrazia «è una concezione politica fondata sui principi della sovranità popolare, dell’uguaglianza giuridica dei cittadini, dell’attribuzione di diritti e doveri sanciti dalla costituzione. Democrazia diretta in cui la sovranità è esercitata direttamente dal popolo; democrazia indiretta in cui la sovranità è esercitata per mezzo di rappresentanti liberamente eletti» (Dizionario della lingua italiana di Sabatini-Coletti).
Per concludere, mi sorge spontanea una domanda: in Italia abbiamo una autentica democrazia? Per rispondere bisognerebbe chiedersi in quale misura lede i diritti di indipendenza e partecipazione popolare l’azione di un capo del governo che non ama i confronti, soprattutto con i sindacati, e considera “gufi”, da “rottamare”, chi non la pensa come lui; in quale misura si infrange la volontà dei cittadini quando si propone una riforma della Costituzione che abolendo di fatto il Senato, mette a repentaglio il sistema di controllo, di equilibrio e di bilanciamento dei poteri dello Stato e attribuisce alla Camera, i cui membri sono in gran parte votati attaverso le scelte delle segreterie dei Partiti, un ruolo legislativo fondamentale e al Primo ministro prerogative di Capo autocratico, indiscusso e inamovibile. La democrazia s’indebolisce quando gli organi amministrativi rallentano l’attuazione delle leggi votate dal Parlamento, quando la Magistratura non riesce ad accorciare i tempi lunghissimi dei processi civili e penali, quando la corruzione alligna negli organismi regionali, quando il singolo individuo bada al proprio tornaconto personale e non al bene comune. Insomma la democrazia non è il luogo di Palazzo Chigi, dei ministeri, di Montecitorio, di Palazzo Madama, delle sedi del PD, di Forza Italia e quant’altro: ma sono gli uomini e le donne che lì discutono, propongono, avanzano progetti e programmi volti al benessere della nazione, allo sviluppo e al progresso civile del Paese.
Democrazia: bella parola, la storia dalla Agorà ellenica alla Roma repubblicana, ci insegna che è tanto facile e consolatorio declamarla quanto difficile e arduo realizzarla, nei Paesi, nelle assemblee elettive, nelle associazioni, in forme e sistemi istituzionali che tutelino l’esercizio della sovranità popolare, il rispetto dei principi di libertà, uguaglianza, giustizia.