Il nuovo software sarebbe in grado di dedurre dai volti il tasso di criminalità dei soggetti
Dalla Jiao Tong University di Shanghai arriva un software in grado di riconoscere un criminale o di stabilire le potenzialità e l’intenzione criminale di un soggetto semplicemente dai soli tratti del volto: secondo gli studiosi il software distinguerebbe chi ha compiuto reati con il 90% di precisione. Frutto di una ricerca dei dottori Xiaolin Wu e Xi Zhang, lo studio è stato pubblicato dalla Cornell University ed attende ancora il beneplacito del mondo accademico. Tornerebbero così in auge le teorie lombrosiane, riabilitando il celebre filosofo che asseriva che attraverso l’analisi dei tratti somatici si poteva risalire alla natura criminale dei soggetti.
I ricercatori hanno raccolto 1.856 fotografie di uomini cinesi di età compresa tra i 18 e i 55 anni diversi per razza, sesso, età ed espressioni facciali: poco più di metà sono state prese da semplici curriculum vitae presenti su alcuni siti web; la parte restante arriva invece dai database del ministero per la Sicurezza cinese e appartengono a soggetti, criminali, già condannati. Alcune di queste immagini, il 90%, sono state utilizzate per creare l’algoritmo e ‘addestrarlo a distinguere i criminali’; utilizzando le restanti 200 foto, invece, l’intelligenza artificiale è stata in grado di riconoscere il volto dei soggetti già condannati con una precisione pari all’89% dei casi.
A questo punto i ricercatori hanno analizzato le caratteristiche del volto comuni ai maschi cinesi condannati, caratteristiche che possono svelare se una persona abbia più probabilità di essere un criminale rispetto ad altre: per prima cosa va considerata la curvatura del labbro superiore, poi la distanza degli occhi e infine l’angolo presente dalla punta del naso ai 2 angoli della bocca.
In particolare esisterebbero 3 diversi tipi di strutture facciali per le persone rispettose della legge e 4 per quelle che la infrangono: “In altre parole, le facce delle persone che rispettano la legge hanno un maggiore grado di somiglianza fra loro rispetto ai volti dei criminali e quest’ultimi hanno un maggior grado di differenza nell’aspetto facciale rispetto alle persone normali”, scrivono gli autori dello studio. In base a questa ricerca, i criminali presentano in genere un angolo naso-bocca più piccolo del 19.6% rispetto alle altre persone, una curvatura del labbro superiore più evidente, 23.4% in più, ed una distanza di poco inferiore, 5.6%, tra gli angoli interni degli occhi. Inserito il volto che interessa nel software, quest’ultimo riuscirebbe quindi a rintracciare quei tratti somatici peculiari che indicherebbero la pulsione criminale (reale o potenziale) del soggetto. “A differenza di un esaminatore/giudice umano, un algoritmo non ha assolutamente alcun bagaglio soggettivo, non avendo emozioni e pregiudizi di sorta a causa di esperienze passate, razza, religione, dottrina politica, sesso, età, e per questo motivo decide solamente sulla base dei dati”, affermano i ricercatori cinesi della rinomata Università di Shanghai. Questo studio solleva importanti questioni etiche, come la possibilità che il comportamento criminale sia scritto nel nostro DNA.
Alcuni esperti di intelligenza artificiale hanno però sottolineato come l’affidabilità dell’algoritmo dipenda solo dalla bontà dei dati con cui viene addestrato: contemplate, quindi eccezioni e pregiudizi, perché non proprio tutto può essere scritto nel dna, conviene la scienza, specie se si considera l’addestramento cui il computer viene sottoposto preliminarmente, che potrebbe portare con sé anche qualche pregiudizio ‘umano’. In molti considerano questi risultati infondati, oltre che immorali. come Kate Crawford, ricercatrice nel campo dell’IA per Microsoft Research New York, MIT e NYU, che ha dichiarato: “Chiamerei questo studio frenologia vera e propria. Visto che ci stiamo muovendo verso un futuro di bodycam e di operazioni di sicurezza preventive, è importante valutare in modo critico gli utilizzi problematici e non etici dell’apprendimento automatico che porta a delle correlazioni spurie”, aggiungendo inoltre che gli autori della ricerca sanno perfettamente “che la cosa è scientificamente ed eticamente problematica, ma la loro curiosità era più importante”.
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foto: technologyreview.com