Chiudere gli occhi per lasciarsi trasportare in un piccolo viaggio alla ricerca del gusto, dei sapori e dei ricordi del palato. È quanto propone il Mühlerama di Zurigo in una mostra dedicata alla bocca, al naso, alle orecchie e alle mani.
Un’esposizione in cui non vi è quasi niente da guardare. È la sfida raccolta dal Mühlerama, il museo creato oltre una ventina di anni fa in uno storico stabilimento industriale di Tiefenbrunnen, a due passi dal Lago di Zurigo, dove è conservato ancora oggi un gigantesco mulino costruito all’inizio del secolo scorso. Specializzato nei temi legati all’alimentazione, il “museo del mulino” sonda questa volta i complessi e affascinanti rapporti tra l’uomo e il gusto. “Una mostra realizzata per la bocca, il naso, le orecchie e le mani”, avvertono i curatori. L’occhio, che si accaparra la maggior parte delle percezioni sensoriali nella vita moderna, non ha praticamente nulla da vedere. ”Per avvicinarsi al senso del gusto, la cosa migliore è di accecare in qualche modo la vista, che tradisce molto spesso le nostre capacità di percezione dei sapori. La ricerca del gusto è molto più intensa quando si rinuncia a vedere ciò che si mette in bocca”, spiega Franziska Rüttiman, curatrice dell’esposizione.
Percorso acustico
Occhi bendati e munito di un apparecchio MP3, il visitatore viene così indirizzato verso un percorso acustico, in cui si muove toccando degli oggetti, annusando spezie e aromi, assaggiando prodotti alimentari e ascoltando testimonianze e spiegazioni, raccolte sotto forma di interviste ad una decina di “esperti” del gusto. Tra questi Dominc Lambelet, uno dei migliori cuochi svizzeri che descrive la sua continua ricerca, tra i fornelli, di sapori che accarezzano il palato. O Alex Häusler, specialista di aromi presso la Givaudan, che illustra alcune tecniche impiegate in laboratorio per produrre aromi naturali e sintetici. Oppure ancora Raphael Pfarrer, direttore di Slow Food Svizzera, che vanta le delizie di una gastronomia di qualità rispetto ai piatti industriali. Lo storico Jakob Tanner si sofferma invece sull’evoluzione del gusto nella nostra società negli ultimi due secoli, mentre Josianne Walpen critica i metodi poco trasparenti impiegati da produttori e commercianti per adescare i consumatori. E non manca neppure la testimonianza di una persona non vedente, che “offre uno sguardo” sul modo di mangiare e di degustare di coloro che sono privati della vista.
Ricordi migliori
“L’idea alla base di questa esposizione era innanzitutto di permetterci di riscoprire il gusto, che rappresenta un po’ il parente povero tra i nostri sensi. Numerose persone non sono ad esempio in grado di definire con delle parole un sapore o un odore, mentre siamo molto più loquaci nel descrivere ciò che vediamo attorno a noi”, indica Franziska Rüttimann. Eppure proprio la bocca ci offre alcuni dei momenti di maggior piacere nella vita. A tal punto che nella memoria di quasi tutti noi sono ancorati odori e sapori conosciuti perfino in tenera età, a cui rimangono sovente associati i nostri ricordi migliori. “Oggigiorno, purtroppo, molta gente rinuncia a trovare il tempo per cucinare e per assaporare ciò che si mette in bocca. È molto diffusa, ad esempio l’abitudine di mangiare in fretta e furia, magari guardando la televisione, senza nemmeno prendersi cura di ciò che si trova nel piatto”, rileva la curatrice della mostra.
Diritto al piacere
Il compito di cucinare viene affidato in molti casi all’industria alimentare, che fa ricorso a svariati sotterfugi per sedurre e spesso ingannare il nostro palato. Zuppe, pizze e piatti prefabbricati di ogni sorta vengono preparati con l’ausilio di aromi artificiali, oltre che di esaltatori di sapidità, agenti conservanti, antiossidanti e surrogati. Gli aromi prodotti in laboratorio permettono di sostituire spezie ed altre sostanze aromatiche naturali che costano molto di più e non sempre sono disponibili a sufficienza per soddisfare le masse di consumatori, spiega Alex Häusler. E poi, durante la lavorazione e la preparazione i prodotti naturali perdono spesso il loro sapore. Così molti gelati, ad esempio, hanno un gusto di vaniglia o di fragole solo perché contengono aromi artificiali. Procedimenti condannati dai buongustai e dalle associazioni dei consumatori. “L’impiego oltremisura di aromi artificiali, per attirare il consumatore, tende a desensibilizzare le nostre papille gustative che, per finire, reagiscono soltanto ad impulsi sempre più forti. Ne va così perso il nostro senso naturale del gusto”, sostiene Josianne Walpen, che rivendica una maggiore trasparenza riguardo agli additivi alimentari, oltretutto non sempre innocui per la salute. Raphael Pfarrer si spinge ancora più lontano, chiedendo che venga codificato il diritto al piacere alimentare, alla stessa stregua del diritto alla libertà d’espressione. “Ogni persona deve poter scegliere liberamente se vuole mangiare prodotti industriali o prodotti artigianali e qualitativi. Se non dispone di questa libertà di scelta, allora vuol dire che il diritto al piacere non sussiste ancora”, ha concluso.