Il politologo americano Benjamin Barber: “i sindaci dovrebbero governare il mondo”
«Il mio suggerimento» dice Barber «è smettere di parlare di nazioni, di confini, e cominciare a parlare di città. Perché parlando di città, stiamo parlando di istituzioni politiche in cui sono nate civiltà e cultura. Parliamo della culla della democrazia».
Secondo il politologo, le città sono le istituzioni più antiche e le più longeve. Sono spazi pubblici dove ci dichiariamo cittadini, partecipanti attivi alla vita politica. La città dunque è un concetto più concreto rispetto a quello degli stati-nazione, che sono astrazioni. Lo stato-nazione è un modello politico di vecchio stampo incapace di governare il mondo, di reagire alle sfide globali. «Che i sindaci, i cittadini e le persone che rappresentano, si impegnino nel governo globale.» Per essere primo ministro o presidente, bisogna avere un’ideologia, una teoria su come funzionano le cose. I sindaci, invece, sono pragmatici, risolvono problemi. Devono fare in modo che le cose vengano fatte, devono mettere da parte ideologie, religione e appartenenza etnica.
Donald Trump ha trionfato alle elezioni presidenziali americane e da gennaio sarà il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Secondo quanto affermato da Barber, Trump crede di essere la grande novità del nostro tempo, ma in realtà ha conquistato la Casa Bianca grazie a un sistema elettorale anacronistico, costruito per un’America di fine Settecento dove il novanta percento della popolazione era rurale. La vittoria di Trump sarebbe costituita dunque da un elettorato poco istruito, disperato e rabbioso perché senza lavoro da anni. Tutte le città hanno votato invece per i democratici. La democrazia è il voto espresso da una cittadinanza istruita ed informata.
Trump sarebbe la reazione alla paura del cambiamento ed al fenomeno della multietnicità e del multiculturalismo. Reagisce dunque creando l’illusione della “sovranità”.
Per sopravvivere ai quattro anni di Trump, Barber ha fondato il “Global Parliament of Mayors”, il parlamento globale dei sindaci. «Se seicento sindaci negassero gli introiti fiscali al governo, Trump dovrebbe cedere». Questo progetto prevede un conflitto sempre più aspro fra le città e la nazione.
«La conclusione», dice Barber, «è che politicamente viviamo ancora in un mondo fatto di confini, un mondo di muri, un mondo in cui gli stati si rifiutano di agire insieme. Eppure sappiamo che la realtà quotidiana è quella di un mondo senza frontiere. A meno che non troviamo un modo di globalizzare la democrazia o democratizzare la globalizzazione, non solo rischieremo sempre di più di non riuscire a risolvere tutti questi problemi transnazionali, ma rischieremo di perdere la democrazia stessa, chiusi nella vecchia mentalità di stato nazione, incapaci di risolvere i problemi globali in modo democratico».
Danio Migliore
foto: Ansa