Al via la mappatura genetica di quasi tutti i detenuti in Italia
Ormai l’acronimo DNA (che sta per acido desossiribonucleico) è entrato nel linguaggio comune, essendo sempre più determinante in vari settori, dalle ricerche mediche e farmacologiche all’investigazione criminale che sempre più si basa su aspetti scientifici per la risoluzione dei casi più complessi.
L’analisi del DNA permette alla polizia di identificare il DNA degli autori di un crimine analizzando tracce invisibili ad occhio nudo e si rivela spesso una tecnica fondamentale per incastrare un omicida o per scagionare un innocente tramite il confronto tra il DNA trovato sulla scena del crimine e il DNA di un sospettato, elemento orami quasi incontrovertibile che può confermare la sua estraneità o meno ai fatti.
Anche da qui quindi la grande utilità di una banca dati che raccolga tracce di DNA permettendo così di trovare eventuali match e identificare, anche a distanza di tempo, la persona a cui appartiene quel DNA.
Si realizza in sostanza una raccolta che rappresenta una miniera di dati sensibili a disposizione di inquirenti e addetti ai lavori che oltre a favorire la lotta al crimine permetterà anche di favorire l’identificazione delle persone scomparse.
Costata quasi 15 milioni di euro, ci sono voluti anni ed anni per realizzarla e si stima che la manutenzione e il funzionamento dell’infrastruttura informatica della banca dati costerà circa mezzo milione, più gli oltre 300 mila euro previsti per la manutenzione del laboratorio di Rebibbia.
Tutto incluso, compreso l’acquisto dei kit per i prelievi, s’ipotizza una spesa annua pari a 1,8 milioni di euro a carico dell’Interno e di poco meno di un milione per quello della Giustizia. La banca dati raccoglierà dati sensibilissimi su cui la normativa italiana richiede rigorosi controlli di garanzia esercitati dalle autorità nazionali, quali l’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali e il Comitato nazionale per la Biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché da Accredia (Ente nazionale di accreditamento dei laboratori di prova).
Buoni i risultati ottenuti in altri Paesi dove la banca del DNA è da tempo una realtà: oltremanica, ad esempio, il 45% dei soggetti presenti sulle scene del delitto è stato identificato proprio grazie a questo tipo di database. In Italia dal delitto dell’Olgiata all’omicidio di Yara Gambirasio, passando per il caso Elisa Claps, il Dna ha già risolto crimini eccellenti. “Questi strumenti nuovi, che sono in grado di dare un forte impulso alla tutela della sicurezza dei cittadini, contemporaneamente sono anche un presupposto fondamentale per realizzare lo scambio di informazioni a livello sovranazionale che ormai è una questione cruciale in tema di sicurezza”, ha commentato Andrea Orlando, ministro della Giustizia che ha tenuto a battesimo la struttura.
Questo strumento “facilita, tra l’altro, le attività di contrasto della criminalità transfrontaliera e del terrorismo internazionale, secondo livelli tecnologici che assicurano la corretta identificazione genetica dei soggetti”, si legge inoltre in una nota della Polizia di Stato. “Gli standard qualitativi adottati pongono il sistema italiano all’avanguardia nello scenario europeo”, ha concluso il capo della Polizia, Prefetto Franco Gabrielli..