Mancano due mesi esatti alle elezioni regionali e il mondo politico è in pieno subbuglio.
È in subbuglio il governo, che al Senato ha fatto approvare la legge sul “processo breve”. Se il testo dovesse passare così com’è anche alla Camera, per un imputato di reati che prevedono meno di dieci anni i tre gradi di giudizio non possono superare i sei anni e mezzo (3 per il primo, due per il secondo e un anno e mezzo per il terzo grado di giudizio), pena la prescrizione. Questi tempi sono allungati per i reati che prevedono più di dieci anni di carcere e per i processi “complessi”, quelli cioè che vedono imputati parecchie persone.
Ovviamente, dopo il voto favorevole (hanno votato a favore anche sei senatori delle opposizioni) c’è stato il solito balletto delle polemiche. Da una parte la maggioranza che ritiene la legge un fatto di civiltà (un processo non può durare all’infinito), dall’altra le opposizioni che, con voci diverse, vi hanno visto un provvedimento ad personam per il premier. Le opposizioni ritengono che per salvare il premier vengono prescritti molti altri processi, la maggioranza ribatte dicendo che già ora passano in prescrizione circa 170 mila processi all’anno perché la macchina giudiziaria è lenta o i magistrati, pur non trovando le prove, tengono sotto scacco l’imputato cittadino che, invece, avrebbe diritto ad essere condannato o assolto in tempi ragionevoli.
In realtà, al premier il processo breve per il suo caso interessa solo se la Corte di Cassazione, a proposito del processo Mills, dovesse pronunciarsi in modo a lui sfavorevole e questo lo si saprà il 25 febbraio. Al premier interessa che vada avanti il cosiddetto “legittimo impedimento”, cioè quel provvedimento, proposto dall’Udc e sostenuto dal Pdl, che dice che il premier, per tutta la durata del suo mandato, deve occuparsi delle ragioni per cui è stato eletto e non di difendersi nelle aule dei tribunali.
Per il resto, registriamo ancora due fatti politici importanti. Il primo è che l’immunità parlamentare è ritenuta necessaria sia dalla maggioranza che da gran parte dell’opposizione e anche da alcuni settori della magistratura che prima erano contrari. Questo perché deve essere riaffermato il principio che come la magistratura non può essere condizionata dalla politica, così la politica deve essere sottratta ai condizionamenti della magistratura. Almeno in modo diretto: nel senso che di fronte ad una richiesta di arresto o di indagine, deve essere il Parlamento a dare l’ok alla magistratura sulla base della fondatezza o della infondatezza delle accuse.
Il secondo è che Berlusconi è di nuovo indagato per lo stesso motivo per cui lo fu alcuni anni fa (solo che i magistrati di Milano, in previsione della legge sul processo breve, hanno spostato al 30 settembre scorso l’inizio del computo per la prescrizione in modo da avere più anni davanti a loro. Questo atto ha fatto dire ad uno come Casini, in questo periodo non tenero verso il premier, che esiste “accanimento giudiziario” nei suoi confronti.
All’interno della maggioranza, la pace è fatta tra Berlusconi e Fini. Forse si tratterà di un armistizio per motivi elettorali, fatto sta che tra i due è tornato il sereno. A parte alcune realtà regionali in cui il candidato non è stato ancora deciso, come in Umbria, e nelle Marche, i guai sembrano esserci di più in casa Pd. Innanzitutto nel Lazio, dove Emma Bonino è contestata da una parte del Pd stesso, ma anche in Puglia, dove, con la vittoria schiacciante di Nichi Vendola alle primarie, è naufragata l’alleanza con l’Udc – con tutte le polemiche sorte all’interno della stessa opposizione – e si è avvicinata la possibilità per il Pdl di conquistare una Regione importante.
Nel Lazio, la gran parte della componente cattolica del Pd non voterà Emma Bonino per le sue posizioni sul divorzio, sull’aborto e sui temi etici. Ultimamente, sui giornali è stata pubblicata la foto di Emma Bonino che agli inizi degli anni Settanta praticava aborti clandestini eseguiti con una pompa di bicicletta.
L’impressione è che comunque vada l’esito della campagna elettorale, per il Pd sarà un disastro. Se Emma Bonino vincerà, alcuni esponenti del mondo cattolico abbandoneranno il partito, riconsegnandolo quasi interamente agli ex comunisti; se perderà, comunque le polemiche saranno state così aspre che sarà difficile ricomporle senza strascichi.
Per quanto riguarda l’Udc, nel Nord appoggia il Pd, tranne in Lombardia, mentre nel Centro e nel Sud o appoggia il Pdl (Campania, Calabria, Lazio, Basilicata e Puglia) o il Pd (Toscana). Il Pdl da una parte accetta l’alleanza con Casini a livello locale malgrado a livello nazionale non ci sia intesa, dall’altra c’è chi, come Berlusconi, vorrebbe liberarsene e consegnarlo armi e bagagli al Pd, convinto com’è che Casini dovunque vada porti conflitti. Questa è anche la posizione di una parte del Pd che all’Udc di Casini preferirebbero un’alleanza più stretta con Di Pietro. I due, insieme, sono antitetici.
Infine, sulla scena politica ha fatto irruzione la condanna a sette anni in appello a Totò Cuffaro, l’accusa Delbono, sindaco di Bologna, di peculato e truffa aggravata (pagava vacanze alla sua segretaria e amante) e la recrudescenza del caso Marrazzo dietro cui s’intrecciano storie di droga, di transessuali e omicidi.
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