Un team di ricercatori di Sidney punta a creare protesi di corallo per frenare lo sbiancamento della barriera
E’ ormai nota da tempo la preoccupante situazione della Grande barriera corallina, messa a dura prova dal riscaldamento delle acque che causa uno sbiancamento dei coralli. L’ecosistema infatti, secondo un recente studio pubblicato su Nature e firmato da decine di scienziati, è nuovamente interessato da un maxi fenomeno di sbiancamento dei coralli dopo quelli devastanti registrati nel 1998, nel 2002 e nel 2016. I ricercatori stanno quindi cercando dei rimedi per arginare l’ingente danno visto che la prevenzione e gli interventi sull’ambiente non stanno ancora dando i risultati sperati.
Una delle soluzioni individuate da un team di scienziati dell’Università di Sydney potrebbe essere la stampa in tre dimensioni dei coralli: i ricercatori hanno già iniziato a mappare la barriera corallina (reef) per creare delle stampe tridimensionali fedeli all’ecosistema naturale e proteggere meglio i coralli “sbiancati”, vittime degli effetti del riscaldamento globale. In sostanza si tratterebbe di ‘rimpiazzare’ le porzioni di coralli danneggiati con delle strutture artificiali ottenute attraverso una stampante 3D, strutture sintetiche che dovrebbero costituire la struttura di base sulla quale i polipi possano continuare a costruire il reef.
Dopo aver testato la resistenza dei coralli ottenuti da stampa 3D in acqua, le ‘wprotesi per i coralli’, come sono state definite nel mondo scientifico, verranno ‘impiantate’ nella barriera corallina, probabilmente già quest’anno. “La tecnologia è nuova e l’obiettivo è quello di creare protesi ottenute da stampa in 3D dei coralli che facciano da habitat per i pesci e da struttura di base su cui i coralli possano crescere. Finora non abbiamo mai creato una barriera artificiale che assomigli alla struttura di un reef naturale e con la stampa 3D questo è il vantaggio principale, perché forniamo ai coralli la stessa esatta struttura del loro reef avendone ottenuto i modelli prima che sbiancassero.
In sostanza li abbiamo replicati, ricostruendo esattamente le parti mancanti, che avranno le stesse forme e dimensioni”, spiega al Guardian la ricercatrice Renata Ferrari Legorreta. I ricercatori hanno annunciato che l’estensione dell’operazione dipenderà dai fondi che varranno raccolti. Al momento è in corso un programma pilota, dal costo di circa 150mila dollari.
Tuttavia qualsiasi sforzo mirato sarà inutile se non si agirà globalmente sui cambiamenti climatici: “Per fermare lo sbiancamento che sta danneggiando soprattutto la parte settentrionale della barriera bisogna intervenire sulle cause, ovvero il riscaldamento globale; è questa la minaccia numero uno per le barriere coralline di tutto il mondo. Solo così si potranno davvero salvare i coralli”, ha concluso la Ferrari.
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foto: Ansa