Un team di scienziati è riuscito a catturare l’impronta del cervello nella vita onirica
In una ricerca pubblicata su Nature Neuroscience ricercatori italiani e americani alla caccia della sorgente da cui nascono i sogni, hanno descritto come esista una specifica zona del cervello interessata durante la ‘vita onirica’: si tratterebbe di un punto piuttosto superficiale, posto poco sopra alla nuca, che i ricercatori hanno ribattezzato “hot zone”, zona calda corticale posteriore.
La ricerca è stata coordinata da Francesca Siclari, neurologa dell’ospedale universitario di Losanna, e da Giulio Tononi, esperto di sonno e coscienza. Grazie al monitoraggio dell’attività cerebrale, sia durante la fase Rem che nelle fasi non-Rem, i meccanismi alla base dei sogni sembrano ora essere più chiari rispetto al passato.
“Abbiamo voluto studiare il sogno perché ci permette di paragonare la coscienza e la sua assenza all’interno dello stesso. Mentre durante la veglia uno è sempre cosciente perché ha continue esperienze, nel sonno ci sono fasi dove non si hanno esperienze e altre che ne sono invece molto ricche, come ad esempio quando si sogna”, ha spiegato la Siclari.
La ‘hot zone’ diventa molto attiva quando iniziamo a sognare e proprio in questa zona, prima che nel resto del cervello, le onde lente che caratterizzano il sonno profondo lasciano spazio a quelle rapide, caratteristiche invece della fase di veglia. “In un primo esperimento abbiamo notato questo fenomeno. Nel secondo abbiamo messo alla prova la scoperta: osservando il tracciato dell’elettroencefalogramma, abbiamo cercato di prevedere se i nostri volontari stavano sognando o meno. Poi li abbiamo svegliati. Siamo riusciti a vedere giusto nell’87% dei casi”, ha continuato la ricercatrice.
Attraverso l’elettroencefalogramma ad alta risoluzione i ricercatori sono andati a monitorare l’attività cerebrale di soggetti che venivano svegliati durante il sonno (sia nella fase Rem, in cui l’attività cerebrale è rapida e simile alla veglia, che nella fase non-Rem, quando l’attività cerebrale è più lenta), e a cui veniva chiesto se prima del risveglio stessero sognando.
All’inizio si credeva che i sogni avvenissero solo nella fase Rem, poi si è osservato con sorpresa che esiste anche un’attività onirica nella fase non Rem. “Si tratta di due fasi in cui l’attività del cervello è completamente diversa. Come è possibile che il sogno si sviluppi in entrambe? La nostra risposta è che il meccanismo è indipendente dal sonno Rem o non Rem, proprio perché il sogno ha una sua sorgente autonoma, la ‘hot zone’: è infatti la sua attivazione a determinare l’attività onirica.
A livello di onde cerebrali si è osservato che la diminuzione di quelle a bassa frequenza, ossia le onde delta, e l’aumento di quelle ad alta frequenza, cioè le gamma, sono fenomeni legati alla presenza di sogni durante il sonno. L’EEG ad alta risoluzione ci ha permesso di capire che basta il solo ‘punto caldo posteriore’ per generare coscienza: finora si pensava che per essere coscienti dovesse essere attiva quasi tutta la corteccia”, ha concluso la Siclari.
Una seconda parte della ricerca si soffermata anche sul contenuto del sogno. Le zone cerebrali che si attivano durante alcune esperienze oniriche con presenza di volti e movimenti, sono sovrapponibili alle diverse aree del cervello che si attivano quando si hanno queste stesse esperienze durante lo stato di veglia.
Lo studio ha permesso anche di creare un algoritmo in grado di stabilire quando una persona sta sognando sulla base della sua attività cerebrale, attraverso il monitoraggio delle onde a bassa e alta frequenza nella hot zone. Un meccanismo di previsione in tempo reale dell’attività onirica che ha una precisione vicina al 90%. “Ora bisogna vedere se in altri stati, come l’anestesia generale o il coma, l’analisi di questa stessa area ci può aiutare a predire la presenza o l’assenza di coscienza”, ha aggiunto la Siclari.