Una volta confermato il loro ruolo si potrebbero studiare nuovi farmaci per combatterle
MMP-9 e HDAC6: è questo il nome delle due proteine che contribuirebbero a scatenare la formazione di depositi anomali di proteine beta e proteine tau che danneggiano i neuroni favorendo l’insorgere dell’Alzheimer.
Il risultato della ricerca, pubblicata su Cell Reports, si deve al gruppo coordinato da Todd Cohen, dell’Università americana della North Carolina. I ricercatori hanno scoperto le due proteine che rappresentano adesso i nuovi bersagli per combattere l’Alzheimer: “Pensiamo che impedire la formazione di queste strutture possa prevenire l’Alzheimer”, ha infatti osservato Cohen, che ha definito la scoperta ‘emozionale’.
Le proteine in questione, identificate in esperimenti su cellule nervose umane, contribuiscono alla formazione di placche ad elevato livello di calcio, anch’esso responsabile di danni ai neuroni. “MMP-9 è una proteina infiammatoria presente in quantità elevate nel cervello dei pazienti con l’Alzheimer. Nello studio dimostriamo che solo MMP-9 può innescare un flusso di calcio che inonda il neurone”, ha chiarito il coordinatore del gruppo responsabile della ricerca.
Adesso si passerà alla fase successiva, ovvero quella di condurre esperimenti anche sui topi e trovare le molecole in grado di bloccare l’azione di entrambe le proteine. “Se la scoperta sarà confermata nei topi allora saremo in grado di studiare le terapie contro l’Alzheimer”, ha auspicato Cohen.
Un’altra ricerca condotta invece ai ricercatori del Cedars-Sinai Medical Center di Los Angeles e di NeuroVision Imaging, ha portato alla messa a punto di una tecnica basata su un sistema di rilevazione ottica sperimentale che consentirebbe di scoprire nella retina la proteina beta-amieloide, principale costituente delle placche cerebrali che favorirebbero lo sviluppo dell’Alzheimer. I ricercatori hanno sottolineato come la presenza di questa proteina nella retina sia di ben 4.7 volte superiore nei malati di Alzheimer rispetto alle persone sane.
La nuova tecnica potrebbe semplificare la diagnosi perché prevede un’iniezione di sostanza fluorescente che aiuta a identificare le proteine beta-amieloidi nel fondo oculare, attraverso un semplice apparecchio per la retinografia. E in materia di diagnosi le novità non finiscono qui: in un prossimo futuro infatti potrebbe bastare un videogioco per monitorare l’insorgere della malattia.
Il gioco in questione chiede di eseguire una serie di missioni basate sul senso dell’orientamento e sull’abilità di muoversi nello spazio, capacità che sono tra le prime ad essere intaccate dalla demenza. “Quello che vogliamo fare è identificare le persone con demenza con 10-15 anni di anticipo di quanto non facciamo oggi. Un gioco come questo, e una migliore comprensione di come navighiamo, può aiutarci molto”, ha affermato David Reynolds di Alzheimer Research UK.
Il morbo di Alzheimer, che prende il nome dal suo scopritore, è una malattia neurodegenerativa, progressiva ed irreversibile, che interessa il cervello e che colpisce soprattutto gli over 65 e le donne. Essa è caratterizzata dalla graduale perdita delle funzioni cerebrali.
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foto: Ansa