La ratio dell’assegno di mantenimento è quella di tutelare i figli e il coniuge economicamente più debole di fronte agli squilibri determinati della separazione e dal divorzio, garantendo la prosecuzione di quei doveri assistenziali e solidaristici nascenti dal matrimonio attraverso il ripristino delle condizioni economiche e del tenore di vita esistente prima della cessazione del rapporto coniugale. Tuttavia, l’assegno di mantenimento non è immutabile nel tempo, ma al variare delle condizioni che secondo la legge fanno sorgere il relativo diritto può essere modificato o addirittura revocato.
Relativamente alla perdita del diritto al mantenimento, occorre distinguere l’obbligo nei confronti dei figli da quello nei confronti dell’altro coniuge. Riguardo ai figli è pacifico infatti che l’obbligo dei genitori di contribuire al loro mantenimento permane indipendentemente dal raggiungimento della maggiore età, fino al raggiungimento di un’autosufficienza economica tale da poter provvedere da soli alle proprie esigenze, con la precezione di un reddito corrispondete alla professionalità acquistata in relazione alle normali concrete condizioni di mercato.
Sul punto, è indirizzo costante e unanime della giurisprudenza che il giudice ne deduca la cessazione del diritto all’assegno di mantenimento nei confronti del figlio maggiorenne, debba provare che la mancata autosufficienza derivi dall’inerzia o dalla negligenza dello stesso ovvero dipenda dal fatto a lui imputabile, mentre non rileva ai fini dell’esclusione dell’assegno la costituzione di un nucleo familiare salvo che non si tratti di una nuova entità familiare autonoma e finanziariamente indipendente.
Per quanto concerne invece l’ex coniuge le cause estintive del diritto al mantenimento possono essere diverse.
Convivenza e nuove nozze
È pacifico che l’eventuale costituzione di una nuova famiglia, anche di fatto, ivi compresa la presenza di figli nati da tale unione, da parte del coniuge, separato o divorziato, tenuto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento, non legittima di per sé l’esonero dell’obbligo nei confronti dei figli né dell’ex coniuge, poiché espressione di una libera scelta che lascia inalterata la consistenza degli obblighi determinati in sede di separazione o divorzio (Cass. n. 12212/2001), potendo semmai influire sulla modifica del valore dell’assegno in base al miglioramento o al peggioramento delle sue condizioni economiche (Cass. n. 24056/2006).
Per contro, invece, quando a costituire un nuovo nucleo familiare è l’avente diritto all’assegno di mantenimento, assume rilievo non solo la circostanza del passaggio a nuove nozze che determina la perdita del diritto all’assegno di mantenimento e di quello divorzile, ma anche la mera convivenza, posto che la situazione modifica la condizione personale dell’ex coniuge.
Sul punto, la Cassazione ha affermato che il diritto al mantenimento viene meno quando si crea una nuova famiglia, anche di fatto, la quale rescinde ogni connessione con la pregressa vita matrimoniale, poiché la convivenza e la relativa prestazione di assistenza da parte del convivente medesimo, costituisce elemento da valutare in ordine alla disponibilità di “mezzi adeguati”, rispetto al parametro rappresentato dal tenore di vita goduto nel corso delle nozze (Cass. n. 25845/2013).
Ovviamente, deve trattarsi di una relazione avente i caratteri della stabilità, della continuità e della regolarità, mentre una convivenza priva di questi requisiti non potrà avere alcun effetto sull’esclusione del contributo al mantenimento.
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