Dopo un secolo crolla la certezza che un’impronta possa condurre ad un unico individuo
Se fin’ora il valore delle impronte digitali ha rappresentato un pilastro del sistema investigativo, dobbiamo adesso prepararci a mettere in discussione questa consolidata convinzione e le conclusioni che in base ad essa sono state tratte.
A far crollare quello che in molti definiscono già ‘il falso mito delle impronte digitali’, per circa un secolo uno dei metodi considerati più certi e affidabili nelle indagini, una fonte autorevole come l’Associazione americana per l’avanzamento delle scienze (Aaas), nel rapporto redatto dai suoi esperti di scienze forensi.
In sostanza il report in esame giunge alla conclusione che, non esistendo evidenze sufficienti per affermare che le impronte digitali siano uniche per ciascun individuo, non possono più essere considerate un metodo efficace per l’identificazione di un soggetto.
Esaminando le tecniche con cui vengono analizzate e confrontate le impronte invisibili lasciate sulle superfici dai polpastrelli e composte dall’alternarsi di creste e solchi secondo precisi disegni, emergerebbe il quadro di un sistema con alcune falle, sufficienti a far giungere alla conclusione che non esiste un metodo univoco per associare un corredo di impronte ad un unico individuo. Da qui il ragionevole dubbio che recentemente aveva portato a considerare le impronte digitali un metodo di identificazione non più affidabile al cento per cento.
“I metodi che analizzano le impronte servono ad identificare la persona che ha lasciato il suo segno sulla scena del crimine, ma l’esame delle tecniche per analizzare le impronte digitali nascoste dimostra che non esiste un metodo scientifico per stimare il numero di persone che condividono le caratteristiche di una impronta digitale, e inoltre non si può escludere l’errore umano durante il confronto. Non si può affermare che le impronte latenti possano essere associate ad un unico individuo con una precisione del cento per cento”, ha spiegato Joseph Kadane, insegnante di statistica e scienze sociali dell’Università americana Carnegie Mellon e membro del gruppo che ha realizzato il report.
Per decenni gli investigatori di tutto il mondo hanno considerato affidabili e praticamente certe le prove emerse dalle impronte digitali latenti prelevate dalle scene del crimine e poi confrontate con quelle appartenenti a fonti identificate, ma in realtà allo stato attuale non esiste una base scientifica per valutare il numero di individui che potrebbero essere la fonte di una particolare impronta digitale.
I sistemi attuali infatti, “sebbene svolgano un ruolo importante per scartare rapidamente migliaia di impronte che non hanno caratteristiche ‘simili’ a quelle in esame, non sono ancora in grado di abbinare un’impronta digitale rilevata sulla scena di un crimine a quella raccolta dalle autorità da una fonte nota o da un sospettato, né possono determinare se un confronto sia valido”.
Tuttavia “è possibile che i sistemi di identificazione automatica delle impronte digitali possano evolversi nel tempo, ma c’è bisogno di intensificare la ricerca in questo campo”, hanno concluso i ricercatori.