L’art. 456 c.c. enuncia che “la successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto.” La norma disciplina l’apertura della successione nella dimensione temporale e spaziale: queste informazioni sono di primaria importanza per stabilire, ad esempio, il termine prescrizionale per l’accettazione dell’eredità, la capacità di succedere degli eredi, il valore dei beni ai fini della collazione o della determinazione della quota disponibile, il foro competente per l’actio interrogatoria e per le cause ereditarie, il Tribunale competente a conservare il registro delle successioni.
La Suprema Corte, nella sentenza 02.08.2013, n. 18560, ha ribadito che la competenza per territorio delle cause ereditarie deve essere stabilita nel luogo di apertura della successione, individuato nel luogo nel quale il de cuius aveva il centro dei propri interessi, prescindendosi dalla dimora o dalla presenza effettiva del de cuius in un certo luogo.
Il momento della morte viene individuato nel momento in cui avviene la cessazione irreversibile delle funzioni dell’encefalo (L. 29 dicembre 1993, n. 578), al fine di consentire l’espianto degli organi. La legge ha quindi aderito a quell’impostazione scientifica secondo la quale il concetto di morte deve essere inteso come la morte cerebrale: diversamente la Legge sui trapianti (L. 02.12.1975, n. 644) prevedeva due diversi metodi di accertamento: il metodo diretto detto “elettroencefalografico” ed il metodo indiretto nominato “elettrocardiografico”.
Il luogo dell’ultimo domicilio del defunto non deve essere confuso con il luogo in cui avviene il decesso: per domicilio si intende il luogo in cui la persona aveva concentrato la generalità dei suoi interessi economici, morali, sociali e familiari.
All’apertura della successione, i soggetti che per testamento o per legge verranno alla successione, sono definiti dal legislatore, in modo ampio, come “chiamati“.
All’interno della categoria dei “chiamati” alla successione devono però essere individuate due sottocategorie: i vocati ed i delati. Un soggetto è vocato alla successione quando è designato per legge o per testamento alla successione, ma non ha ancora maturato la facoltà di accettare o rinunziare. Ne sono un esempio l’erede sotto condizione sospensiva, il legittimario preterito, i rappresentanti dei nascituri, i chiamati ulteriori. Essi, sebbene non possano accettare l’eredità, sono tutelati dall’ordinamento con un’aspettativa di delazione che si concreta nei diritti di: nominare un curatore dell’eredità giacente (ex art. 528 c.c.), richiedere l’apposizione e la rimozione dei sigilli (artt. 753 e 763 c.p.c.), richiedere la formazione dell’inventario (art. 769 c.p.c.). I “delati” alla successione sono i soggetti che oltre ad essere “vocati” alla successione hanno, di fatto, il potere di acquistare o rinunziare ai beni mediante accettazione o rinunzia dell’eredità ed, infine, sono titolari dei poteri elencati nell’art. 460 c.c.: l’esercizio delle azioni possessorie, il compimento atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea, l’autorizzazione alla vendita dei beni che non si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio.
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