La Confederazione accorda il contributo di 1.3 miliardi all’Ue e fa passi avanti su alcuni dossier. Nessuna soluzione al momento in merito all’accordo quadro istituzionale
Torna il sereno tra Svizzera e Unione europea (Ue) dopo il periodo burrasco seguito all’approvazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa del 2014. Questa è l’impressione che ha lasciato l’incontro a Berna tra la presidente della Confederazione, Doris Leuthard e il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. È stata la prima visita di un presidente della Commissione Ue dal 2008 e i dialoghi tra le parti indicano che i rapporti tra Berna e Bruxelles sono davvero migliorati. Le relazioni sono entrate in una nuova fase, con alcuni risultati già raggiunti in diversi settori. “Dopo anni difficili, la visita avviene in un momento importante” ha detto in conferenza stampa Leuthard ”c’è una dinamica positiva”. Sui diversi aspetti spicca l’intenzione del Consiglio federale di concedere un secondo contributo, pari 1.3 miliardi di franchi, alla riduzione delle disparità economiche e sociali di alcuni paesi membri dell’Ue. Il cosiddetto “miliardo di coesione” sarà spalmato su dieci anni. Il Parlamento elvetico dovrà approvarlo e il governo sottoporrà alle camere federali due crediti quadro. La parte di 200 milioni sarà destinata al settore dell’immigrazione per risolvere i problemi e sarà a disposizione di tutti gli Stati membri dell’Ue. Il restante 1.1 miliardo sarà impiegato per sostenere i paesi dell’Est nella formazione professionale e nella lotta contro la disposizione giovanile.
Sotto quest’aspetto, la visita a Berna per Juncker ne è valsa la pena, ma il lussemburghese ha negato l’esistenza di un legame politico, di contropartite per il “miliardo di coesione” e di “un assegno” per attirarlo in Svizzera. “Non sono venuto a ritirare un regalo per l’Ue” ha sottolineato il presidente della Commissione Ue “il governo svizzero ha deciso unilateralmente e in autonomia. Il contributo alla coesione è un mezzo per programmi molto concreti”. La Svizzera è un partner affidabile, ma ha anche interessi personali. “Abbiamo interesse all’accesso a questi mercati e a mantenere buone relazioni con il nostro partner economico principale” ha detto Leuthard. Spetta al governo il compito di convincere le camere federali. Difatti la garanzia del miliardo dovrà superare lo scoglio parlamentare e i partiti annodano l’approvazione a diverse condizioni. Il PLR esige che i progetti sostenuti siano un valore aggiunto per la Svizzera, perché si tratta di un investimento nel futuro. Inoltre i progressi negli accordi bilaterali indichino in che modo rappresenteranno gli interessi della Svizzera. L’UDC respinge categoricamente il “miliardo di coesione”, perché e solo “un regalo di Natale sulle spalle dei contribuenti” senza avere ricevuto alcuna contropartita. Positiva la posizione del PS che sostiene il contributo, perché un’Europa stabile è negli interessi della Svizzera. Il PPD è soddisfatto, ma la sua approvazione è subordinata all’esito delle trattative sull’accordo quadro istituzionale.
Su questo importantissimo dossier tra le due parti non c’è però ancora una soluzione. L’accordo, che Juncker ha definito “un accordo di amicizia” e sarà la futura via bilaterale, era previsto entro la fine del 2017. Leuthard ha spiegato “che su alcuni punti ci sono ancora delle divergenze” e il lato positivo dell’incontro è la dichiarazione di entrambi di volere l’accordo. Le trattative continueranno, l’Ue è un importante partner per la Svizzera e il Consiglio federale “ha tutto l’interesse a delle soluzioni per garantire la sicurezza del diritto e a un rapporto allo stesso livello”. Sui dettagli dei punti di divergenza Leuthard e Juncker non si sono espressi, così regna il buio fino alla prossima primavera, quando i negoziati dovrebbero portare a risultati concreti.
La Svizzera non è entusiasta di chiudere un accordo quadro istituzionale con l’Ue, perché esso prevede norme europee nell’ordinamento elvetico, non è chiaro quale istanza avrà l’ultima parola e le conseguenze della questione dei giudici stranieri, con l’idea di doversi sottomettere alla Corte di giustizia dell’Ue, non entusiasmano chi desidera difendere la sovranità della Svizzera, in primis i partiti borghesi. Questioni sulle quali non sarà facile trovare un accordo comune che soddisfi entrambi le parti. Chiaro è che la Svizzera deve concludere un accordo quadro istituzionale con l’Ue e che su un tale contratto deciderebbe la popolazione svizzera alle urne.
Gaetano Scopelliti
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