Un gruppo di ricercatori ha messo insieme i dati genetici di oltre 13 milioni di persone imparentate tra loro
Un gruppo di ricercatori di varie università, guidate dalla Columbia University di New York, ha dato vita a quello che probabilmente è il più grande albero genealogico fin’ora esistito: la genealogia va indietro fino a 11 generazioni e copre un periodo di circa 5 secoli, offrendo informazioni preziose su matrimoni, cambiamenti di abitudini e cultura, salute e longevità delle persone e dinamiche con cui si sono formati, e si formano, i rapporti di parentela nelle nostre società. Un albero genealogico con tredici milioni di persone imparentate tra loro, vissute tra l’Europa e il nord America in un arco temporale che va dai tempi di Cristoforo Colombo fino ai giorni nostri.
A capo del gruppo di ricercatori che ha realizzato lo studio Yaniv Erlich, uno scienziato informatico della Columbia University che è anche a capo della divisione scientifica di MyHeritage, società specializzata nella produzione di alberi genealogici e proprietaria della piattaforma Geni.com da cui sono stati tratti i dati utilizzati per la ricerca, volontariamente condivisi dagli appassionati di genealogia. Negli Stati Uniti infatti la passione per tali ricerche è molto diffusa e ciò ha reso possibile scaricare numerosissime informazioni dai vari siti che offrono servizi per aiutare nella ricostruzione delle proprie radici familiari, per accertare parentele o trovare rami sconosciuti della famiglia.
Gli iscritti a tali siti possono caricare il proprio profilo e la propria genealogia sulla piattaforma, che a sua volta può unirlo e fonderlo con quello di altri, se trova individui in comune. La banca dati ospita 86 milioni di profili, scaricati da altrettanti profili pubblici di Geni.com, l’85% dei quali provenienti da Europa e Nord America: per metterli in ordine è stato necessario utilizzare un software per ricostruire i gradi di parentela.
I dati sono stati tradotti in schemi a forma di albero con i quali è stato possibile organizzare una grande varietà di informazioni, consentendone l’analisi. Questo ha permesso di costruire un colossale albero che comprende 13 milioni di persone e 11 generazioni: è così grande che per convergere sull’antenato comune a tutti bisognerebbe tornare indietro di 65 generazioni. Un risultato unico, fonte di una miniera di dati che ha permesso di ricostruire anche le tendenze sociali ed economiche degli ultimi 500 anni. Ne viene fuori, ad esempio, che l’industrializzazione ha modificato la vita familiare, a partire dalla scelta del coniuge.
Prima del 1750, la maggior parte degli americani trovava marito o moglie entro 10 km dal luogo di nascita ma, dopo il 1950, la distanza si era estesa a circa 100 km. Inoltre, tra il 1800 e il 1850 era molto probabile che ci si sposasse con qualcuno che era, in media, un quarto cugino. Dopo il 1850 la tendenza a sposare i parenti è diminuita e oggi l’anima gemella è mediamente separata da sette gradi di parentela. L’albero di famiglia ha fotografato anche le tendenze nell’emigrazione indicando che le donne in Europa e nel Nord America, negli ultimi 300 anni, sono emigrate più degli uomini, ma questi ultimi si sono spostati molto più lontano.
Erlich e colleghi si sono concentrati poi su due aspetti fondamentali per le nostre esistenze: quanto viviamo e con chi decidiamo di vivere e avere figli. Tenendo in considerazione i luoghi di nascita di mariti e mogli, hanno trovato conferme a quanto facilmente immaginabile: man mano che nella storia i trasporti sono diventati più economici e affidabili, sono aumentate le coppie formate da persone provenienti da posti lontani tra loro. I dati hanno anche permesso di analizzare la durata della vita di circa 3 milioni di persone imparentate vissute tra il 1600 e i primi anni del Novecento.
Confrontando la durata della vita di tutti i parenti, si è visto che esiste un nesso tra parentela e longevità. Escludendo i giovani morti in guerra o a causa di catastrofi naturali, i ricercatori hanno paragonato la durata della vita di ciascuno dei punti dell’albero con quella di genitori e parenti più o meno vicini. Secondo i calcoli, i geni contano solo per il 16% circa e possono allungare la vita in media di 5 anni; la valutazione è compatibile con quella di altri studi effettuati in passato, anche se altre ricerche attribuiscono all’influenza dei geni valori intorno al 30%. Anche se la genetica ha naturalmente un ruolo importante, la ricerca di Erlich ricorda che anche i fattori ambientali hanno una loro importanza per qualità di vita e longevità.