Immigrazione e digitalizzazione sono le future sfide principali emesse dal terzo rapporto sul sistema formativo svizzero
“La Svizzera dovrà continuare a trovare i giusti equilibri fra chi frequenta studi universitari e chi invece sceglie una formazione professionale”. Durante la presentazione del rapporto sul sistema educativo svizzero 2018 il ministro dell’economia Johann Schneider-Ammann spiega gli obiettivi di politica formativa e la via da percorrere insieme alla Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE). Il testo di 300 pagine del rapporto ha messo in luce tutti i dati concernenti la ricerca, le statistiche e l’amministrazione dell’intero sistema formativo che in generale in Svizzera funziona bene ma ha anche alcuni deficit da colmare. Ad esempio le carenze nel principale obiettivo che Confederazione e cantoni si erano prefissi nel 2011.
L’obiettivo di portare al 95% la percentuale di 25enni in possesso di un titolo del livello secondario II, un diploma professionale o il diploma di maturità, è stato quasi raggiunto (94%) almeno per i giovani di nazionalità svizzera. Non è così roseo invece per i migranti nati in Svizzera dove la quota scende all’86% e tra i migranti nati all’estero al 73%. Questo aspetto è critico ed è il tema su cui lavorare con efficacia. La presidente della CDPE, Silvia Steiner ha spiegato l’impegno in tal senso: “Confederazione e cantoni sono chiamati a integrare meglio questi giovani nel mondo del lavoro. È un compito sociopolitico di fondamentale importanza”. Anche Stegan Wolter, autore principale dello studio, ritiene urgente la soluzione di questo problema: “Chi non ha un diploma del livello secondario II, rischia di rimanere un permanente disoccupato, con possibili conseguenze durante 40 anni”. Questo deficit nella sfida per il sistema formativo svizzero sui flussi migratori è difficile da colmare. Un terzo dei giovani di età compresa tra i 15 e i 17 anni ha un passato migratorio e il sistema non riesce a portare al livello dei migliori, gli alunni e le alunne deboli durante il percorso della loro carriera scolastica. Per Silvia Steiner è un problema “preoccupante”, ma si può risolvere, perché i deficit si riscontrano ad inizio della scuola. “Bisogna sostenere i bambini ancora prima dell’età della asilo, per facilitare l’approccio nelle scuole materne”. Per quanto riguarda la digitalizzazione, le tendenze delle tecnologie sempre più avanzate e della digitalizzazione che conquista il mondo del lavoro, non devono essere trascurate dal sistema formativo svizzero. Ma sebbene siano comparse sul mercato del lavoro da oltre vent’anni, secondo il rapporto è difficile prevedere la portata di questi fenomeni e la rapidità con cui si manifesteranno i loro effetti. La formazione professionale è chiamata a fare la sua parte per formare personale con competenze spendibili per l’economia.
La Svizzera è però anche un paese di accademici. Il processo di accademizzazione proseguirà ma con minore intensità. Entro il 2045 circa il 60% della popolazione avrà conseguito un titolo del livello terziario (scuola universitaria o formazione professionale superiore). Nel 2015 questa percentuale era del 40%. Una tendenza che Schneider-Ammann non vede solo positiva: “Cerco sempre di far capire a docenti e genitori che frequentare il liceo non è solo una questione di prestigio. Imparare una professione pratica è altrettanto nobile”.
Gaetano Scopelliti