Primo di agosto. Chi non lo sa? Festa nazionale Svizzera. Il cielo, il sole, le montagne. Tutto contribuisce all’aria di festa. Ovunque bandiere rosse con croce bianca. Si attende solo di unirsi alla folla, sulla piazza principale. Per i discorsi delle autorità. Aspettando i fuochi d’artificio. E, domani, ricominciare: dove tutto si era fermato. Si era affacciato al balcone. La attendeva per uscire insieme. “Ho quasi finito: ancora 5 minuti” gli ricordo’ una voce dall’interno. Insieme da una vita. “Arrivo subito”: lui continuava a crederci. Come la prima volta che si erano conosciuti trent’anni fa. Si abbandono’ ai ricordi: lontani, di un tempo passato. Oggi come allora. Una giornata di mezza estate. Il primo di agosto. Memoria di casa, famiglia, parenti; e delle sue origini. Ad inizio estate la mamma lo portava al sud, dai nonni. Che non aspettavano altro. Il lungo viaggio in treno. Le ore passate a dormire nello scompartimento. Di notte, lo stridore delle ruote e la carrozza che si fermava nella semi-oscurita’ di stazioni sconosciute. Le parole della madre: ” dormi, manca poco; la prossima è la nostra”. Primo di agosto. L ‘arrivo alle prime luci dell’alba. L’abbraccio con i parenti curiosi di incontrarlo. Un breve viaggio in macchina, tra strade polveroso. L’arrivo in paese, di prima mattina. Le grosse lastre di pietra grigia a coprire le strade. I canali a bordo strada, per il deflusso dell’acqua piovana. Case basse e lunghe, con infiniti balconi a ospitare vasi di piante. Il mercato. La nonna che calava la cesta dal balcone. Comprava la verdura, il suo tesoro da mettere a tavola. La casa dei nonni. In periferia. Muri spessi. Un enorme portone. Forse in passato entravano carri. O carrozze, chissà. Le rampe di scale. Tante stanzette create senza ordine: secondo la necessità e la voglia di fare del momento. Da un lato: un lungo corridoio, abbellito da qualche poltrona polverosa, la vecchia televisione, la scrivania del nonno, un inutile tappeto, una piccola libreria. In fondo: la grande stanza da letto che fu di sua madre e delle sue quattro sorelle. Volate via ad una ad una, sorridenti, verso amori ed indirizzi lontani. Accompagnate dalle lacrime commosse della loro madre e lo sguardo a fissare il vuoto di un papà che ad ogni partenza si ritrovava più solo. Oggi nonno e nonna. E poi: la cucina. Un alto soffitto a volta, come in chiesa. Imbiancato. Con una minuscola finestra che il nonno manovrava con una lunga fune. In un angolo: la enorme cucina a legna, rivestita di piastrelle bianche, a riscaldare un pentolone in rame, con i manici che sporgevano. Una voce lo distrasse dai suoi pensieri. I ricordi si bloccarono di colpo, come la pellicola spezzata di un vecchio film, portando in cielo i suoi pensieri ed il suo passato. “Eccomi, usciamo” disse lei. Rientrò in casa. La prese sottobraccio. Uscirono insieme, accompagnati dalle bandiere rosse e bianco-crociate che sventolavano ovunque. Incamminandosi nel sole, verso il centro di quel luogo che ora era la loro vita.
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