È uno dei personaggi più popolari della musica italiana. Da cinquant’ anni marito di Rita Pavone. Una coppia unitissima. Nella vita e nella professione. Triestino per nascita, austriaco per nobile discendenza:
Ferruccio Merk Von Merkenstein, italianizzato in Ferruccio Ricordi. Nome d’arte: Teddy Reno. Ferruccio, come oggi desidera essere chiamato, ci ha parlato della sua carriera
Ferruccio come hai iniziato?
Durante la seconda guerra mondiale il mio idolo era Frank Sinatra, nato in America da padre siciliano. La sua pronuncia era perfetta. Lo incontrai negli anni Cinquanta, in un periodo di crisi artistica. Aveva appena divorziato per sposare l’attrice Ava Gardner. In America i suoi ammiratori avevano smesso di seguirlo. Sinatra si esibiva nei teatri italiani. Nel 1952 si presenta alla mia casa discografica, la CGD-Compagnia Generale del Disco. Lo riconosco. Lui mi saluta così: “Yes, I am Frank Sinatra”.
Poi cosa accadde?
Facemmo molte serate nei teatri italiani. Ne ricordo due. Roma: Teatro Sistina. Sinatra stava cantando la sua celebre “I’ve got you under my skin”. Uno spettatore urla: “A Frankie: piuttosto facce vedè la Ava Gardner!” Afferrai l’incivile per la giacca: uscì dalla sala sommerso dai fischi. Sinatra, dal palco, vide e comprese tutto. Apprezzò il mio aiuto. Altra serata, altro teatro: Genova. Frank si confidò con me. Attribuiva il suo calo di popolarità non al divorzio, ma alla sua casa discografica. Gli suggerii di crearsene una indipendente, come avevo fatto io. Sinatra seguì il mio consiglio. In seguito, per riconoscenza volle che la mia società si occupasse della distribuzione dei suoi dischi in Italia.
Tra i tuoi incontri c’è anche quello con il grande Totò…
Lo incontrai nel 1935. Io ero un bambino. Gli cantai una romanza classica dalla Aida di Giuseppe Verdi. Totò si commosse. Lo rividi negli anni Cinquanta, quando mi esibivo come Teddy Reno. Lo avvicinai. Gli cantai ancora “Celeste Aida”. Ricordò di avermi incontrato anni prima e mi invitò a Napoli per un suo film: “Totò, Peppino e la malafemmina”.
Che ricordi hai di questo film?
Giravamo vicino al famoso ristorante La Bersagliera, che esiste ancor oggi. Nello stesso quartiere veniva girata un’altra pellicola. Mi colpì una donna molto giovane. Bellissima. Ma teneva tutti alla larga. Una sera la cercai in albergo. Chiesi di annunciarmi. Poi bussai alla sua camera. E lei … mi diede un innocente bacio sulla guancia. Immaginatevi: essere stato messo alla porta da Sofia Loren! Anni dopo, mio figlio mi convoca per un incontro urgente. Ritrovo Sofia Loren. Ricordammo quella nostra mancata serata a Napoli, quando lei girava “Pane, amore, e…” con Vittorio De Sica.
Com’era il principe della risata in privato?
Era simpaticissimo! Ricordo che il nostro film aveva una scena dove baciavo Dorian Gray, la “malafemmina”. La nostra produzione aveva inviato un ispettore, tale Rompini, a ricordare che la scena del bacio doveva essere finta. Altrimenti il Ministero della Cultura italiano ci avrebbe negato i contributi. Totò gli fece uno scherzo. Il giorno della “famosa” scena, d’accordo con la protagonista, ci scambiammo un bacio appassionato. La ripresa fu interrotta dal Rompini: “Disgraziati! Adesso il ministero ci taglierà i finanziamenti! Questo film sarà un disastro!” Totò, che era d’accordo con noi, si avvicina e gli dice: “A’ Rompì: statte bbuono! T’abbiamo fatto no’ scherzo!” La cosa finì in una risata generale.
Arrivato nelle sale questo film poi riscosse un successo clamoroso.
Quali altri incontri hai avuto con personaggi famosi?
Veniamo al primo. Como: anni Cinquanta. Incontrai Konrad Adenauer, primo Cancelliere tedesco del dopoguerra. A quei tempi gli italiani lo detestavano. In una conferenza stampa aveva bonariamente ironizzato sui soldati italiani. Disse che in guerra facevano un passo avanti e due indietro. Fu uno scandalo. Adenauer mi concesse una intervista e chiarì il suo equivoco. Anzi: cantò con me O’ sole mio. Il giorno seguente tutti i giornali titolarono che il Cancelliere stimava l’Italia. La crisi politica italo-tedesca ebbe subito fine.
Hai incontrato altri personaggi politici?
Sì, quando mi esibivo a New York. Trascorrevo le mie serate con il corrispondente RAI: Ruggero Orlando, di origini siciliane. Una volta mi presenta una persona sui quarant’anni: elegante, cordiale, cortese. A un certo punto questa persona ci saluta: deve tornare a casa. Ruggero Orlando mi dice: lo hai riconosciuto? È John Fitzgerald Kennedy, candidato democratico alla Presidenza degli Stati Uniti. Anni dopo, nel novembre 1963 ero a Palermo, per uno spettacolo. Tutto esaurito. Rita Pavone, il giorno prima del debutto accende la radio: avevano appena assassinato Kennedy. Ne fui sconvolto. Ricordai la serata a New York con Ruggero Orlando. Cantai lo stesso. Non me la sentivo. Ma riuscii a nascondere la mia tristezza.
È vero che hai incontrato Papa Francesco?
Lo confermo. Tutto iniziò con uno squillo di telefono. Pochi anni fa. Un nostro ammiratore parlava un italiano perfetto, con forte accento spagnolo. Mia moglie, Rita Pavone, si incuriosisce. La voce rispose che lavorava in Vaticano e lo chiamavano Papa Francesco. Eravamo certi fosse uno scherzo. Ma la voce ricordo’ di avere assistito nel 1964 in Argentina ad uno spettacolo di Rita: era vero. In seguito la mia famiglia fu ricevuta in Vaticano. Ho dedicato a Papa Francesco anche una composizione che ho cantato in Piazza San Pietro, a Roma.
Ci hai parlato di Rita Pavone, tua moglie. Lei, invece, come la hai conosciuta?
Nel 1962 organizzai il Festival degli sconosciuti ad Ariccia, in provincia di Roma. Decisi di invitare una debuttante ma con una voce straordinaria. La madre mi confessò, in lacrime, di non poter pagare il viaggio alla figlia. Pagai di tasca mia. Rita partecipò al mio Festival e vinse. Ricordo ancora quando annunciai il suo nome, Rita Pavone: l’applauso degli spettatori fu travolgente. Da allora l’affetto del pubblico per Rita non si è mai più fermato.
Nl Tomei