Se l’intelligenza artificiale sta progredendo, quella umana potrebbe regredire, almeno secondo alcuni scienziati
I risultati dei test QI sarebbero sempre più scarsi e con questo l’intelligenza dell’umanità non ha una buona prospettiva per il futuro, è ciò che risulta da uno studio di Bernt Bratsberg e Ole Rogeberg, due scienziati dell’Università di Oslo. Sono stati analizzati 730’000 test QI di uomini e donne con anno di nascita dal 1962 al 1991, test effettuati all’inizio del servizio militare norvegese.
Se la generazione dei nati nel 1975 hanno raggiunto oltre 102 punti QI, quelli nati fino nel 1991 raggiungevano solo 100 punti, secondo gli scienziati una diminuzione continua.
Dagli inizi dei test QI nel 1905 agli anni ‘70 è continuamente aumentato il Quoziente d’intelligenza, sicuramente di questo aumento erano responsabili un’alimentazione più sana, la medicina e la formazione. Allora James Flynn, un politologo, era sicuro che questo aumento sarebbe rimasto costante sotto le stesse condizioni, ma si è sbagliato, dalla metà degli anni ‘70 diminuisce, infatti, il QI.
Quali sono i motivi?
Secondo gli scienziati ci sarebbero diversi motivi per la diminuzione del QI, tra questi c’è anche la domanda se la genetica avrebbe un suo ruolo. Gli scienziati norvegesi però trovano le ragioni nello stile di vita moderno, nell’utilizzo dei media ad esempio, ma anche in un’alimentazione poco sana. Secondo gli scienziati la diminuzione potrebbe essere causata anche da fattori dell’atmosfera, soprattutto se si tratta di sostanze che intervengono sugli ormoni del corpo e che coinvolgono anche le capacità cognitive.
A proposito di intelligenza artificiale
“Il fenomeno dell’applicazione dell’intelligenza artificiale nei processi lavorativi e sociali, si combinerà con le altre macrotendenze, probabilmente rappresentate dalla trasformazione del potere con tensioni sempre maggiori tra pubblico e privato; dalla presenza della criminalità organizzata nel sistema sociale a livello mondiale; dalle nuove forme del conflitto, che sarà economico e culturale e combattuto prevalentemente attraverso la Rete; dalla dimensione dello spazio; e poi dal clima, dall’immigrazione e dall’esplosione demografica con le conseguenze sul piano energetico, alimentare, idrico nonché religioso e geopolitico”. È quanto scrive il professor Mario Caligiuri, direttore del Master in intelligence dell’Università della Calabria, in una recente analisi pubblicata su Gnosis – Rivista italiana di intelligence, secondo Cyber Affairs.
“Tutti questi fattori”, prosegue Caligiuri, “si intrecciano tra di loro in modo imprevisto e imprevedibile. Probabilmente, la tendenza demografica potrà essere quella che nel medio periodo inciderà di più e l’unica variabile potrebbero appunto essere i processi di automazione. Attualmente, il 70% della produzione e vendita di robot resta circoscritto a Giappone, Stati Uniti, Corea del Sud, Cina e Germania, ma il fenomeno è destinato a diffondersi in tutte le nazioni ad economia avanzata. Un mondo davvero nuovo, in cui l’intelligenza artificiale si combinerà con Internet e le altre necessità umane. Saranno avvantaggiare o penalizzate le Nazioni più arretrate che avranno margini di miglioramento maggiori? Sarà irreversibile il dominio tecnologico dei Paesi finora più sviluppati? Presto si potrebbero concretizzare nuovi modelli di vita, a basso consumo, con i robot che svolgono le attività più faticose. Di fatto, almeno nell’Occidente, si sta realizzando una diminuzione del benessere e quindi di fatto si verifica una decrescita non programmata che per molti aspetti è un dato di fatto non una scelta. Ogni anno, in Cina si laurea un numero impressionante di persone, che nel breve periodo possono certamente spingere quella parte del mondo verso il raggiungimento di progressi tecnologici e della ricerca. Di conseguenza, tutto l’ambito dell’automazione potrebbe subire una forte accelerazione proprio in quei Paesi dove maggiore è la disponibilità di forza lavoro, richiedendo una inedita organizzazione sociale. Poiché le innovazioni tecnologiche e scientifiche si possono solo rallentare ma non bloccare, in molti Stati si stanno approfondendo questi temi a livello governativo. Per esempio, in Gran Bretagna e negli Usa”.