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24 November 2024
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Italiani in Svizzera

La storia di: Francesca Incocciati

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Raccontaci di te…

Sono nata e cresciuta a Roma in una famiglia amante dei viaggi. Dopo la laurea in Giurisprudenza ho lavorato a lungo nel settore della comunicazione.  Ho 42 anni e da circa 10 vivo in Svizzera con mio marito e due bambini di 11 e 8 anni.

Come sei arrivata in Svizzera?

Un’opportunità di lavoro presso un’azienda multinazionale ci ha convinto a vivere una grande avventura in formato famiglia in Svizzera. Sono partita molto curiosa di vivere all’estero. Volevo immergermi in un’altra cultura e in un’altra lingua dopo che, per un eccesso di timidezza, avevo rinunciato al programma Erasmus al tempo dell’università. Volevo inoltre poter osservare da una prospettiva diversa il mio stesso paese: l’Italia.

Come è stato il tuo impatto con la realtà svizzera?

Non ho mai rimpianto la decisione di trasferirmi in Svizzera, anche se ci sono stati momenti molto difficili. Ricordo l’euforia dei primi mesi a Basilea, una sorta di luna di miele durante la quale ero affascinata dalla novità e dall’efficienza del sistema. A questa fase è poi seguito un lungo periodo di incertezza. Trovare il mio posto nella nuova comunità mi ha richiesto un grande impegno. Per poter comunicare con persone di tutto il mondo e con gli svizzeri, ho imparato bene inglese e tedesco e poi ho dovuto piano piano allargare il mio giro di conoscenze. Avevo deciso di dedicarmi ai bambini e di fare la mamma a tempo pieno ma non immaginavo mi potesse mancare così tanto il mio lavoro e soprattutto quella sorta di “identità” che il titolo professionale spesso rappresenta.

Insieme a Rylla Resler e Adriana Quarck, sei autrice del libro The Trailing Spouse Reimagined: Stories of People Transported by Love. Come nasce l’idea di questo libro e cosa vi accomuna?

Il libro nasce dalla consapevolezza di non essere (noi autrici) le uniche persone che, trasferendosi all’estero, hanno attraversato un cambiamento profondo. Vivere in un altro paese significa lasciare una confort zone, cioè un sistema culturale e sociale ben noto, per esplorarne uno sconosciuto. Il confronto tra la realtà di partenza e quella in cui ci immergiamo può essere stressante e disorientante ma è anche un’occasione preziosa di arricchimento e di maturazione.

Nel libro si alternano gli scritti di tre donne, mogli e mamme, che hanno dovuto “re-inventarsi” in una nuova terra. Cosa vuol dire?

Per me significa abbandonare alcuni schemi mentali e scegliere progetti di vita che sento più autentici. Sono venuta in Svizzera desiderosa di incontrare persone con culture, lingue, fedi diverse ma non è stato facile trovare un equilibrio tra tutti questi input e farne una mia sintesi originale. Ad esempio, lavoro volentieri nella comunicazione ma ho scoperto anche di amare la pedagogia e mi piacerebbe che la mia prossima esperienza professionale possa riguardare questo ambito.

Cosa ne pensi dell’Italia che hai lasciato e di quella di adesso?

Guardo all’Italia di oggi con molta preoccupazione. Vedo una società sofferente, confusa e scoraggiata quando il nostro Paese avrebbe le risorse umane e culturali per essere una realtà meravigliosa.

La tua persona prima e dopo la Svizzera. C’è una Francesca diversa dopo tutti questi anni in Svizzera?

Oggi a Basilea mi sento a casa e sono contenta che i miei figli stiano crescendo qui. Naturalmente amo anche Roma (la mia città di origine), ma non appartengo completamente a nessuna delle due. Ma credo che sia giusto così, spostarsi significa modificare la propria identità.

Eveline Bentivegna

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