La Svizzera è tra le mete estere scelte per il nuovo tour di Nek che ha preso avvio proprio in questi giorni e toccherà diversi teatri italiani e le maggiori città europee. Il cantante di Sassuolo ha triplicato gli appuntamenti per i fan svizzeri che potranno ascoltare le sue maggiori hit a Zurigo, Lugano e Bienne, rispettivamente il 20, il 21 e il 24 novembre! Cosa ascolteremo e come si sta preparando Nek per questo attesissimo ritorno sui palchi all’estero? Di questo e tanto altro ci ha parlato in un’intervista concessa a LaPagina…
Hai appena iniziato la tournée “Il mio gioco preferito – European tour”, cosa ti aspetti da questa nuova avventura e come ti stai preparando al tuo attesissimo ritorno sui palchi delle maggiori città europee dove mancavi live da qualche tempo?
Mi aspetto di divertirmi, di divertire il pubblico e di sorprenderli anche perché c’è una scenografia potente, molto forte. Non voglio svelare molto, ma tra giochi di luci e musica, che sarà sempre la grande protagonista, mi auguro davvero di poter lasciare l’impronta e che dopo il concerto la gente possa uscire soddisfatta dai teatri. Io sono lì per il mio pubblico, italiani, non italiani… sarò lì a suonare le mie canzoni per chi vorrà esserci!
Torni sul palco da solo dopo una parentesi importante, sei reduce della tournée con Max Pezzali e Francesco Renga. Cosa ti accomuna a questi due artisti e perché fare un disco di con loro?
Abbiamo una piccola differenza di età e quindi il nostro pubblico è più o meno lo stesso. Ci conosciamo da tempo e tutto è nato dopo aver risposto alla chiamata di Max per partecipare al suo pezzo “Duri da battere”, che poi è diventato il primo singolo del disco. È stato un pomeriggio bellissimo, anche se era tanto che non ci vedevamo, è stato come se ci fossimo visti il giorno prima. Da questa bella intesa è nata l’idea di fare un disco assieme, tutti hanno accolto questa idea con entusiasmo e dal disco è venuta fuori anche una tournée di quasi 50 concerti in cui ci siamo divertiti noi e si è molto divertito anche il pubblico. Immagina un concerto con quasi tre ore di hit, il pubblico è venuto a scatola chiusa, sapendo che sarebbe stata una bella avventura!
Nelle tre date Svizzere ascolteremo, oltre che i maggiori successi della tua carriera, anche le hit dell’ultimo album “Il mio gioco preferito”, di cui è attesa la seconda parte…
Ascolteremo anche i singoli di questo ultimo album, farò tutte le hit e “Musica sotto le bombe” che non è diventato un singolo, ma mi piaceva suonarla, perché ha un significato metaforico molto forte e cioè che c’è speranza anche dove sembra che non ci sia.
All’interno di questa prima parte ci sono diversi concetti, ci sono tante storie, quindi anche il prossimo sarà in un certo senso così: sarà una seconda parte di un disco, come lo avevo pensato sin dall’inizio, allo stesso tempo però queste due parti possono essere differenti e indipendenti. Ci saranno 7/8 canzoni, così come ci sono 7 brani nella prima parte, e conterrà tanti concetti. Non c’è un concetto primario che viene sviluppato, sono album vari, sia la prima parte che la seconda parlano di vissuto, di storie, di situazioni.
Quando uscirà la seconda parte?
Uscirà in primavera. Pensavo di riuscire a pubblicarla in autunno, ma poi sono state scritte altre canzoni più forti e adesso preferisco dedicarmi al tour, così si presentano bene i quattro brani di questa prima parte. Se dovesse esserci una seconda parte del tour, allora ci sarà spazio per questa seconda parte di album.
Il brano che dà il titolo all’album, “Il mio gioco preferito”, tratta l’importanza di mettersi ogni volta in gioco. Quanto è importante secondo te, in modo particolare nel tuo lavoro, riuscire a rimettersi in gioco?
Per realizzarsi bisogna rischiare, nel mio lavoro mettersi in gioco vuol dire lavorare duro, esporsi, dare del proprio che a volte può portare a soffrire. Può anche succedere, infatti, che non si vada a genio alle persone, che non si incontri il gusto della gente e quando accade, per chi sta dalla mia parte, è sempre un momento molto delicato e difficile da vivere che però ti sprona ad andare avanti, diventa uno stimolo per fare meglio. Questo significa mettersi in gioco: dare tutto se stesso nel bene e nel male, andar avanti nonostante le avversità, senza aver paura di esporsi con la gente. Nel mio mestiere rischiare e mettersi in gioco è fondamentale, il successo è proprio la conseguenza di ciò che rischi e ciò che fai.
Ci sono delle frasi delle tue canzoni che rafforzano il significato dell’intero brano, ma sono frasi che, anche estrapolate dal testo, hanno una grande forza e si impongono per tanti significati importanti che possono assumere. Per esempio, che valenza ha per te un’espressione forte come “Perché d’amore non si muore sai, si muore senza” di “Cosa ci ha fatto l’amore”?
È una frase vera. Dal punto di vista stilistico, perché un testo raggiunga il cuore delle persone e lasci una bella sensazione, il segreto è che devono esserci delle frasi che scuotano l’interesse e gli animi dell’ascoltatore. Personalmente penso che frasi come queste siano vere, una costatazione dei fatti. “Cosa ci ha fatto l’amore” è la storia di due persone vere che si sono unite, si sono lasciate e poi ritrovate. È una canzone che racconta un quotidiano, diversi momenti di una coppia, anche scene intime – come lei che balla in mutande – spaccati di vita privata, che può essere la vita privata di chiunque e messi insieme raccontano una storia. La forza di queste frasi sta proprio in questo.
Con “Il mio gioco preferito” sei a quota 14 album di inediti e hai superato i 25 anni di carriera, cosa è cambiato in questi anni del tuo modo di concepire la musica?
Hai tempo di ameno un’ora per ascoltarmi? Scherzo, ma è difficile rispondere perché è un continuo cambiamento, un continuo stimolo in un viaggio che è sempre diverso. Immagina la tua vita come un viaggio in treno dove dal finestrino osservi i paesaggi cambiare e succedersi. Quando ero più giovane il paesaggio era solo un movimento, adesso invece lo inquadro meglio e mi rendo conto magari di una valle che si apre, di un gruppo di case, del colore di un bosco, mi soffermo a guardare di più i dettagli. Forse perché avendo più esperienza e consapevolezza mi rendo conto meglio di quello che vivo. Mi fermo ad assaporare i dettagli.
Hai un ricordo particolare che conservi di tutti questi anni?
Non uno ma diversi, tanti! Un ricordo molto forte è il primo concerto del mio primo disco davanti a 50 persone, la maggior parte amici, a Sassuolo e il fatto che io suonassi sulle basi. Lo ricordo con molta tenerezza per quello che ero, stavo sul palco e mi consideravo già molto esperto, invece era tutto il contrario perché avevo movimenti forzati, per nulla naturali a differenza di adesso, dopo che ho maturato una certa esperienza e la gente ormai mi conosce per quello che sono. All’epoca tenevo in mano un basso e facevo finta di suonarlo perché in verità cantavo sulle basi, ma mi serviva per camuffare il mio non saper stare sul palco. Era ancora l’inizio e lo ricordo con molta tenerezza perché mi sentivo un pesce fuor d’acqua invece che un cantante, ma si trattava dei miei esordi, da lì cominciava tutto: da quel momento lì avrei vissuto con la musica per la musica. Adesso sul palco mi muovo al ritmo dei miei pezzi ma non so ballare, anche se rientra tutto in una coreografia non è nulla studiato, è tutto spontaneo.
Nel brano “Mi farò trovare pronto”, un verso dice: “Sono pronto a non esser pronto mai”. Ti senti pronto per questo tuo nuovo tour?
Sì, sono pronto! Ma in realtà questa espressione serve per capire che non si è mai pronti realmente per quello che può capitarci, ma io sono pronto a sorprendermi per l’inaspettato! È un po’ un beneficio del dubbio relativo alla vita che, a volte, ti presenta anche delle curve improvvise. Inizio una tournée importante e mi auguro che, da adesso fino alla fine, sia un crescendo e che ci sia sempre qualcosa di bello di cui sorprendermi. È con questo spirito che sono pronto ad iniziare questa tournée: sono pronto a non essere pronto a tutte le cose che possono capitare, sono pronto a sorprendermi e sorprendervi!
Eveline Bentivegna
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